Be Bankers

› «Il tesoro de’ mercatanti è la fede, e quanto più fede ha il mercatante, tanto più è ricco» (Cosimo de' Medici). Durò anni la crisi di fiducia innescata dal crac! nell’attesa spasmodica che le entrate fi- scali giungessero in tempo, si affida al credito dei banchi fiorentini, in cambio della promessa di sostanziosi interessi. È il grande sogno per tutti: per gli in- glesi, impossessarsi di un regno; per i fiorentini, di mettere lemani sul merca- to francese, di proporzioni gigantesche. È il 1338. Con Napoli le condizioni si aggravano, a causa delle improvvide al- leanze tentate da Firenze con i nemici degli Angiò. Idea che scatena le ire del vecchio re Roberto e scatena un rush, col quale gli sportelli dei banchi fioren- tini a Napoli vengono presi d’assalto. Né va meglio in Inghilterra. La guerra si arresta. Il re inglese trova un accordo politico ma non è ciò che i fiorentini si aspettavano, ossia un fortunato bli- tzkrieg. A fare i conti, poi, capiscono che la guerra è stata un pessimo affare. I passivi accumulati enormi e soldi da riavere indietro neanche l’ombra. Così, Bardi, Peruzzi e Acciaiuoli si trovano con le casse vuote, esposti con i propri correntisti per cifre esorbitanti, mentre i crediti che devono esigere dai sovrani dei due regni ammontano a complessivi 700 mila fiorini, una montagna di soldi con cui si potevano sfamare per due anni gli abitanti di Milano e Venezia. Capitale cui non si poteva accedere per- ché il re d’Inghilterra chiarisce che lui 600 mila fiorini da ridare ai fiorentini non li ha. Il buco finanziario è infini- to. I correntisti corrono agli sportelli che, in tutta Europa, chiudono repen- tinamente, l’uno dopo l’altro. È il crac. Prima cadono gli Acciaiuoli, nel 1341, con un effetto domino che travolge i Buonaccorsi, gli Antellesi, gli Adimari, i Donati, i Gianfigliazzi, i Tornaquinci, gli Uzzano. Poi tocca ai Peruzzi. Infine al banco Bardi, il cui fallimento viene decretato nei primi mesi del 1346. Nel crac bancario viene coinvolto tutto il continente europeo. A cominciare, naturalmente, dai fioren- tini. Gente di città o del contado, grossi proprietari di laboratori artigianali e proprietari fondiari, semplici lanaiuoli, borghesi, salariati, tutti quelli che ave- va depositato soldi nei banchi vedono sbriciolarsi i loro risparmi. Le case in città perdono valore. I possedimenti nel contado sono stimati un terzo inmeno. Amacchia d’olio, il contagiofinanziario si propaga dappertutto. Coinvolge nel vortice mercanti di Parigi, di Londra, delle Fiandre, di Avignone, di Nîmes, di Montpellier, di Palermo, di Napoli, della Sardegna, della Corsica, di Roma. Non fu solo il danaro a volare via. Venne meno la fiducia nei mercanti e nei ban- chieri, che fossero o non fossero diret- tamente implicati nel crac. Avvenne ciò che avviene sempre inunmercato come quello del credito e della finanza parti- colarmente suscettibile alle variazioni, cioè si scatenò una crisi di affidabilità, condensata dalle parole di Villani che mancò la credenza. Sembrò la fine di tutto, dell’enorme castello di carte co- struito inmaniera arrembante per circa un secolo, il tempo eroico della nascita della banca, che ora crollava ingloriosa- mente come un castello di carte. Bisognava fare qualcosa. Innanzitutto, ripristinare la fiducia, sgangherata in mille pezzi. Senza di lei, non c’è spe- ranza. Lo diceva bene uno che di banca se ne intendeva, Cosimo dei Medici: «il tesoro de’ mercatanti è la fede, e quanto più fede ha il mercatante, tanto più è ricco». Dove chiaramente la fede è la fiducia. Ce ne volle a Firenze per ri- prendersi. E le procedure non furono sempre ef- ficaci. L’azione di governo spesso non proprio limpida, spesso a garanzia dei più ricchi a detrimento della massa che fece molta fatica per essere risar- cita. Villani stesso s'inalbera contro l’iniquità delle scelte, la corruzione, la commistione tramagnati e amministra- tori. D’altronde, il Comune era parte del problema, protagonista in precedenza di una dissennata politica economica. In ogni caso, ci si aspettava che fosse lui amuoversi. A trovare una soluzione e ad arginare le falle di sistema. Invece anche lo Stato fallisce. Dichiara default 102

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