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giurisprudenza che, non essendo tali codi- ci riportati nel contratto di credito ma solo ed esclusivamente in atti interni alla banca cedente, verrebbe ancora una volta a man- care la prova della riconducibilità del credito all’operazione di cessione (si veda Trib. Forlì, Sez. II, 21 marzo 2023, n. 242). In una prospettiva di riduzione dei rischi giuridici che, in un’ottica evolutiva, lo sce- nario giurisprudenziale sopra delineato potrebbe porre in futuro, le parti delle ope- razioni di cessioni di crediti in blocco e gli stessi operatori del diritto potrebbero forse valutare l’opportunità di rafforzare la tenuta di quell’ultimo baluardo all’accertamento della legittimazione attiva del cessionario che è l’elenco dei crediti unito al contratto di cessione, premunendosi di assicurare che le informazioni ivi contenute siano idonee ad identificare i crediti oggetto di cessione secondo standard giuridici affidabili. Ma quali sarebbero tali informazioni? Un’ispi- razione, al riguardo, potrebbe giungere dalle indicazioni offerte dall’articolo 7.1(6) che, ai fini dei contenuti dell’avviso di cessione, richiede che venga fatto riferimento, tra le altre cose, alla “tipologia di rapporti da cui i crediti ceduti derivano” e al “periodo in cui tali rapporti sono sorti o sorgeranno”. Ra- gionando per estensione, si potrebbe forse ritenere con qualche merito che l’indicazio- ne dei dati identificativi del contratto da cui derivano i crediti ceduti (nome delle parti, tipologia di contratto e data di sottoscrizione) possano costituire elementi minimi sulla cui base verificare la riconducibilità del relativo credito all’oggetto della cessione, evitando così le ripercussioni negative che una pretesa genericità dell’elenco crediti potrebbe pro- durre a valle del processo di investimento, in sede di recupero giudiziale del credito. di avvenuta cessione da parte del cessionario dinanzi a Notaio, Trib. Ravenna, 15 maggio 2023, n. 337). Non che l’eventuale dichiara- zione unilaterale (questa volta) del cedente andrebbe esente da censure e ciò in quanto, stando a dette posizioni, la prova della ces- sione richiede per definizione la produzione della sua fonte, vale a dire il contratto (si veda Trib. Brescia, Sez. IV, 17 aprile 2023). Argomentando lungo queste direttrici, la suddetta giurisprudenza di merito richiede, una volta acquisito il titolo agli atti del giu- dizio, di accertare ai fini della verifica della legittimazione attiva del cessionario che il credito in questione sia riconducibile alla specifica cessione oggetto del contratto (si veda Trib. Prato, 12 gennaio 2023, n. 34). Nei casi tutt’altro che rari (per i motivi che abbiamo visto in precedenza) in cui i criteri oggettivi di omogeneità dovessero risultare inidonei a stabilire in maniera univoca l’in- clusione del credito tra quelli oggetto di ces- sione, ci si trova gioco forza a perseguire un approccio per così dire “empirico” in cui la verifica è affidata all’esame dell’elenco dei crediti normalmente allegato al contratto (si veda ancora Trib. Prato, 12 gennaio 2023, n. 34). Accade tuttavia con una certa frequenza che, in pratica, tali elenchi siano predisposti sulla base delle informazioni risultanti dalle anagrafiche degli istituti cedenti, di talché i debitori sono di sovente identificati attra- verso un codice (NDG, “numero direzione generale”, ad uso interno del relativo istituto bancario). È stato al riguardo osservato in B E | B AN K E R S 99

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