BeBankers
per sfruttare il potenziale delle nuove tecno- logiemigliorando la capacità competitiva dei prodotti e servizi offerti, cogliere le oppor- tunità connesse alla transizione energetica, affrontare le sfide della transizione digitale e del cambiamento climatico. Un processo di rilancio e recupero di valore del comparto del credito pre-deteriorato deve quindi affrontare con determinazione il tema della crescita dimensionale delle PMI. Serve identificare il debito sostenibile struttu- rando le capital structure in modo flessibile, rafforzandole con apporti di capitale che pos- sano stabilizzare gli assetti finanziari troppo sbilanciati dal sovraindebitamento indotto dalle misure di sostegno post Covid ripor- tando le PMI del comparto pre-deteriorato su percorsi di crescita e redditività. Ma la crescita non può essere solo organi- ca e quindi, per superare le limitazioni che possano derivare dalla piccola dimensione, è fondamentale coinvolgere investitori non bancari per veicolare risorsefinanziarie stabili in grado di capitalizzare in modo flessibile le aziende per facilitare i processi di aggregazio- ne con operazioni di integrazione orizzontale o verticale. Risorse prevalentemente di equity ma anche ibride come, per esempio, strumen- ti convertibili o mezzanine financing ancora troppo poco sviluppato nel nostro paese. Sen- za tralasciare il Rescue Financing, ovvero la nuova finanza senior antergata che agevoli il rilancio delle aziende in difficoltà. Bancheoriginator e industriadel CreditMana- gement daunaparte e industriadell’AssetMa- nagement dall’altrahannoungrande ruoloda svolgere per aggredire il segmento del credito pre-deterioratoattivandounprocessovirtuoso che favorisca un consolidamento delle PMI. Le banche originator, con un approccio che punti ai settori, o meglio alle filiere, ed un supportodei servicer che in relazione all’asset class del pre-deteriorato si specializzino in singoli settori e sappiano evolvere anche nella direzionedi unM&Aadvisory, continueranno Covid sono state efficaci ma hanno lasciato una pesante eredità in termini di sovrainde- bitamento per molte aziende all’interno di questo perimetro. Gli aumenti nel costo del denaro hanno generato tensioni finanziarie in queste aziende aumentando il rischio di scivolamenti da credito pre-deterioratoma in bonis a credito UTP. Come reagire? Le banche devono affrontare il de-risking del comparto pre-deteriorato inmodo differente rispetto alle strategie adottate nel deteriorato. Cessioni massive o anche single name delle posizioni non sono prevedibili perché questi crediti sono “core business” e quindi desti- nati a rimanere nei bilanci. Inoltre, siamo di fronte ad esposizioni in bonis accantonate mediamente al 4% (rispetto ad un 35/40% per il comparto degli UTP) e cessioni ai valori di carico che evitino impatti negativi a conto economico e assorbimenti di capitale non consentirebbero ritorni sufficienti per fondi di credito specializzati cessionari. Gestire situazioni formalmente ancora in bonis ma che mostrano evidenti segnali di fragilità èuna sfida impegnativa ancheperché la distribuzione dimensionale delle imprese è fortemente sbilanciata verso quelle di minori dimensioni. Questo fenomeno è particolar- mente accentuato in alcuni settori (costruzio- ni, alberghiero, servizi professionali, catene di fornitura di alcuni comparti del made in Italy comequellodellamodaoquellonautico, meccanica di precisione applicata alla produ- zione di componenti metallici o plastici…). È noto che nelle ultime crisi in molti settori industriali le percentuali di default del credito alle PMI sono state quasi doppie rispetto a quelle del segmento Large Corporate. In realtà la dimensione aziendale aiuta a co- gliere opportunità di crescita e ad affrontare le crisi perché permette di migliorare l’acces- so a fonti di materie prime, affrontare scelte di localizzazione o di conquista di mercati esteri, attrarre un management competente, attrarre capitali per avere le risorse per gli investimenti a sostegno dell’innovazione e a svolgere un ruolo fondamentale potendo far leva sulla vicinanza alle PMI del comparto e quindi sulla tempestività di attivazione di una gestione pro-attiva rivolta a facilitare un processo di aggregazione industriale. Il mondo del risparmio gestito potrebbe vei- colare importanti risorse verso il tessuto pro- duttivo sostenendo imprese industrialmente valide ma in tensione finanziaria generando per gli investitori rendimenti attesi attraenti. Manel contesto italianoCreditManagement e AssetManagement sonoduemondi chedevo- no ancora avvicinarsi. La criticità non risiede nella carenzadi capacitàdi gestione (leprofes- sionalità ci sono nel modo del private equity, del restructuring, delle piattaforme di special situations). Per quanto riguarda gli strumenti e soluzioni che possano aiutare l’accesso a questa asset class siamo in una fase ancora iniziale anche se i FIAchiusi costituiscono già importanti attori sul mercato. Il puntocritico, il “collodi bottiglia”, il vero fre- no alla capacità di “compensare” la “de-ban- carizzazione” di cui sopra canalizzando il risparmio verso il capitale delle aziende in pre-distress o in distress, risiede nello scarso coinvolgimento degli investitori istituziona- li locali (assicurazioni, casse di previdenza, fondi pensione, Fondazioni…) in un’alloca- zione di risorse verso gli alternatives, cate- goria che comprende gli attivi in esame. Un coinvolgimentodegli istituzionali italiani, che è oltretutto spesso condizione necessaria per attivare un fund raising internazionale, deve oggi emergere come una priorità di sistema. Infine, è interessante rilevare anche nel nostro Paese segnali di “democratizzazione” nell’ac- cesso ai mercati privati. Se gli Istituzionali la- titano, recentemente infatti si assiste ad un coinvolgimento crescente di family office e privati High Net Worth Individuals (HNWI) in un’ottica di diversificazione di portafoglio, al fine di ridurre la volatilità, e di ricerca di rendimenti attesi più elevati. B E | B AN K E R S 55
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy MTUzNjY=