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nuta di questi investimenti e il loro ritorno economico. C’è spazio quindi perché il si- stema finanziario maturi una visione meno protettiva sul rischio industriale associato, come peraltro è già avvenuto in altri Paesi Europei. Non va dimenticato il capitolo degli impianti produttivi esistenti, della necessaria riconver- sione a vita futura, del salvataggio nel caso in cui abbiano avuto vicende sfortunate e siano in stato di abbandono. L’esperienzamaturata nella gestione dei crediti deteriorati ci inse- gna che recuperare le risorse produttive in ambito energetico è quasi sempre possibile, e sempre conveniente se gli interventi sono tempestivi. Vero è che recuperare l’efficienza delle risorse produttive può risultare poco compatibile con i tempi delle vicende ammi- nistrative e delle contese giudiziali. Unocchio Diverso è il caso delle tecnologie oggi conso- lidate per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Qui gli operatori han- no modelli di investimento chiari e risorse quasi illimitate dato l’enorme interesse per il settore. Tuttavia in uno scenario di prezzi alti per l’energia ceduta al libero mercato, e costi altrettanto alti per il debito, faticano a prefigurare orizzonti ventennali per i loro piani di investimento e sono quindi alla ricer- ca di soluzioni flessibili. Il ruolo del credito dovrebbe essere quello di fornire forme di finanziamento amedio termine che contem- plino la possibilità di cedere gli investimenti o rifinanziarli, da preferire ad alternative di lungo o lunghissimo termine che rischiano di risultare vincolanti e anche per questo onerose. D’altra parte il settore dell’energia pulita si è conquistato un ruolo nel sistema economico che non pone dubbi circa la te- attento agli obiettivi di decarbonizzazione che impegnano l’Italia vedrebbe l’opportu- nità di pensare a un viatico affinché le risorse produttive esistenti assicurino nella sfida un contributo che non è sostituibile. Sul fronte invece dell’efficienza energetica, ovvero della riduzione dei consumi, uno dei terreni più controversi è la riconversione de- gli edifici, soprattutto di quelli che ospitano un’attività d’impresa. Pensiamo a un tetto di 5.000 metri quadri che possa ospitare 800kWp di potenza fotovoltaica e produrre energia per 1.000.000 KWh/anno. Da un lato eviterebbe di immettere in atmosfera 1.200 tonnellate di CO2, dall’altro potrebbe gene- rare ricavi dalla vendita di energia per ca. 100.000 euro/anno. Ma supponiamo che l’impresa non sia nelle condizioni di fare questo investimento, può il credito incentivare questa decisione? Non è compito della finanza indirizzare le deci- sioni d’impresa,ma certamente potrebbe una finanza lungimirante promuovere strumen- ti che supportino tali decisioni, ad esempio creando un ponte tra l’impresa e investitori interessati a produrre energia elettrica. Una soluzione chiavi in mano che consenta di centrare l’obiettivo portando al tavolo un operatore specializzato, l’erogazione di un finanziamento, e un risparmio per l’impren- ditore. Un tetto capace di produrre l’energia consumata da un’attività d’impresa è un pri- mo passo concreto versomodelli di business sostenibili che la rivoluzione in corso ormai richiede. Rivoluzione che si affianca a quella digitale già in corso e che offre opportunità infinite, anche di rilancio, legate alla possibi- lità di mappare le abitudini di consumo, ana- lizzare i fabbisogni, elaborarli per introdurre efficienze di processo e di risorse anche con il ricorso all’intelligenza artificiale. È questo un ambito a cui gli operatori finanziari pre- steranno certo attenzione, quale chiave di successo del business, ma dove soprattutto ci attendiamo soluzioni innovative dagli ope- ratori che erogano servizi energetici. B E | B AN K E R S 91 I L L I M I T Y

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