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L’avvento dei servicer e i divieti Con l’ingresso in scena dei servicer la situa- zione è cambiata. Molti professionisti che contattano i gestori di posizioni a sofferenza si sentono rispon- dere: “La nostra società non accetta cessioni, o applica un iter deliberativo così lungo da renderle improduttive”. Tutto questo nasce da un equivoco. Prima del recepimento della direttiva comu- nitaria n. 2021/2167 sugli acquirenti e gestori dei crediti (D.L. 30 luglio 2024 n. 116), l’ac- quisto professionale e continuativo di crediti deteriorati, in particolare quelli a sofferenza, era considerato attività bancaria e, come tale, soggetto ad autorizzazione della Banca d’I- talia (art. 106 TUB) o da effettuarsi tramite veicoli ex art. 130 TUB. Chi acquistava senza autorizzazione rischia- va d’incorrere nel reato di esercizio abusivo dell’attività bancaria, e chi cedeva poteva esserne corresponsabile. La normativa in tema di crediti cartolarizzati prevede che la cessione di crediti da SPV a terzi può avvenire purché sia effettuata in conformità del Prospetto Informativo che deve contenere le condizioni in presenza delle quali la medesima è consentita a van- taggio degli interessi dei portatori dei titoli (vedi L.130 art. 2, comma 3, lett. D). La Banca d’Italia, peraltro, con la circolare n. 188/2015, titolo III, cap. 1, sez. 7, par.5 (Rischi connessi all’attività di servicing) ha demandato ai servicer la verifica sulla ces- sione dei crediti inclusi nel portafoglio, sin- golarmente o in blocco. Sempre la L. 130/99 riserva a banche e in- termediari finanziari iscritti all’albo ex art. 106 TUB le verifiche di conformità delle ope- razioni alla legge e ai prospetti informativi così come ribadito dal provvedimento della Banca d’Italia dell’11/11/2021 “Servicers in operazioni di cartolarizzazione” (art. 2 com- ma 6 bis). Tutte queste indicazioni hanno indottomolte banche e servicer a ritenere che la cessione del credito dovesse essere demandata solo a soggetti vigilati in grado di assicurare un presidio di conformità normativa e quindi a banche o intermediari finanziari ex art. 106 TUB, portandoli a introdurre un divieto ge- neralizzato di cessione. Tuttavia, un elemento è stato trascurato. Spesso, infatti, l’acquisto del credito – specie quando è riferito non a portafoglima ai cosid- detti “single name” – si configura come attivi- tà occasionale e non professionale e dunque non rientra nell’attività bancaria abusiva. È chiaro che per valutare con attenzione que- sto importante aspetto è necessaria un’analisi puntuale a cui spesso gli special servicer, in ossequio a logiche d’“industrializzazione”, hanno inteso sottrarsi. L’accusa di speculazione Un altro argomento spesso addotto per op- porsi alla cessione è che venga utilizzata a fini speculativi. Questa logica, però, non può trovare applicazione per i single name, dove le motivazioni possono essere diverse, come 56 B E | B AN K E R S

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