Tributi locali: Giorgetti indica due strade «non necessariamente alternative» per migliorare la riscossione

In discussione – ha detto il ministro in audizione alla Camera – vi sono maggiori incentivi per l’affidamento a privati delle attività di esazione ed anche l’ipotesi di un nuovo organismo pubblico specializzato nei tributi locali

0
164
Giancarlo-Giorgetti
Giancarlo Giorgetti, Ministro dell'Economia e delle Finanze

Vi sono due strade possibili «non necessariamente alternative» per mettere ordine alla riscossione dei tributi locali in Italia: quella di «incentivare e rafforzare» l’affidamento ai privati di queste attività e quella di rafforzare la struttura pubblica, anche attraverso un nuovo ente di riscossione dedicato esclusivamente alla gestione e al recupero dei tributi locali, con personale specializzato. Lo ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti intervenendo ieri in un’audizione alla Camera dedicata ai temi del federalismo fiscale.

Quello dei tributi locali è un aspetto tra i più spinosi del grande magazzino dei crediti fiscali che lo Stato non riesce a svuotare e che si dilata anno dopo anno (ha raggiunto a fine gennaio i 1.279 miliardi). In questo aggregato, la mancata esazione di imposte locali (Imu, Tari e multe, soprattutto) pesa – ha spiegato Giorgetti – per 25 miliardi, di cui 6 miliardi effettivamente esigibili. Che fare? Il ministro ha appunto indicato due strade non necessariamente alternative, ha tenuto a sottolineare.

Un maggiore intervento dei privati nell’attività di esigere i tributi e di recuperare le somme evase va realizzato – ha detto Giorgetti – nell’ambito della riforma dell’albo della riscossione. Quanto al rafforzamento della struttura pubblica – anche per i tributi locali attualmente interviene l’Ader, l’Agenzia delle Entrate e della Riscossione – il governo sta valutando se creare «un nuovo ente di riscossione dedicato esclusivamente alla gestione e al recupero dei tributi locali» con personale specializzato.

«La riscossione delle entrate locali, per le sue caratteristiche specifiche – ha detto il ministro – richiede strategie e strumenti dedicati. La peculiarità della riscossione delle entrate degli enti locali risiede nell’elevata frammentarietà dei carichi e nella modesta entità degli importi da recuperare, nella maggior parte dei casi. Questo rende particolarmente complessa l’organizzazione dell’attività di recupero, che spesso si rivela anche diseconomica sia per gli enti locali sia per gli attuali riscossori. Di conseguenza, è più conveniente per i soggetti addetti alla riscossione concentrarsi su tipologie di entrate e procedimenti con maggiore certezza, evitando di intervenire nelle aree di recupero particolarmente problematiche».

I principali tributi comunali, come Imu e Tari – secondo quanto riporta l’Osservatorio conti pubblici – dovrebbero essere facilmente accertabili e riscuotibili, data l’immediata definizione della loro base imponibile, l’informazione disponibile sul patrimonio immobiliare e la semplicità di calcolo delle imposte dovute. Invece, secondo il Ministero dell’Economia, l’Imu risulta evasa per il 22% del totale (circa 5 miliardi) e alcune stime suggeriscono che solo il 60% del gettito della Tari venga effettivamente riscosso.

Un’analisi puntuale dei bilanci comunali conferma queste stime aggregate: i comuni italiani riescono a incassare in media solo il 78% dei propri tributi, con il 10% del totale che incassa meno del 55%. Esiste anche una forte differenziazione territoriale, con i comuni più efficienti (che incassano oltre il 90% dei propri tributi) che si collocano quasi esclusivamente nel Nord del Paese. In questa complessa realtà dovrebbe appunto intervenire il nuovo soggetto specializzato.

Fin qui le parole del ministro che, tuttavia, sollevano anche perplessità. La partnership pubblico-privati nella riscossione dei crediti – ha segnalato una recente survey di EY – è già una realtà per i tributi locali. È un segmento di mercato dove operano circa 90 operatori privati con ricavi annuali per circa 700 milioni di euro, che crescono al ritmo del 6% l’anno.

I servicer hanno contribuito, con successo, al recupero di tributi locali (Tari, multe ecc.) per 65 miliardi di euro che i contribuenti non avevano pagato nei tempi dovuti alle amministrazioni. Perché allora prospettare una strategia dei «due forni» quando, sul fronte opposto – ha riconosciuto ieri Giorgetti in audizione – «nonostante possa risultare vantaggioso per i comuni, soprattutto per gli enti di minore dimensione, non si osserva negli anni un incremento significativo di riscossione attribuibile all’utilizzo dell’Agenzia delle Entrate»?

Al contrario, dalle esperienze sul campo realizzate in questi anni, l’affidamento ai privati si è rivelato vantaggioso per lo Stato e le amministrazioni locali. Proprio nell’intervista pubblicata oggi su Be Bankers è stata riportata l’esperienza del Comune di Modica, che ha visto quintuplicare in un solo anno le somme incassate sui tributi accertati (e non pagati) dai cittadini. La nascita di un nuovo organismo pubblico potrebbe spingere le amministrazioni ad abbandonare le partnership, anche al di là delle intenzioni dichiarate dal governo, senza che vi sia certezza sull’esito dell’esperimento pubblico.

Sul tema è atteso già oggi il commento dell’Anci (Associazione dei Comuni d’Italia) nell’audizione in programma al Senato nell’ambito del federalismo fiscale. E la medesima problematica troverà posto nelle prossime settimane nelle conclusioni dell’indagine conoscitiva sul magazzino dei crediti dello Stato svolta in questi mesi dalla Commissione Finanze di Palazzo Madama.