Aziende zombie e infiltrazioni mafiose: il razionamento del credito aumenta il rischio per le imprese italiane

Uno studio della UIF evidenzia come la riduzione dell’accesso al credito favorisca capitali illeciti e la sopravvivenza di imprese non competitive

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Le restrizioni al credito in Italia aumentano il rischio di infiltrazioni mafiose nelle imprese, trasformando alcune aziende in vere e proprie «zombie» sostenute da capitali illeciti. Uno studio della UIF – Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, intitolato «Un prestito che non puoi rifiutare: razionamento del credito e infiltrazione della criminalità organizzata», mostra che un declassamento del merito creditizio riduce la disponibilità di credito di oltre il 30% in cinque anni e aumenta la probabilità di infiltrazione del 5%.

«Le imprese infiltrate mostrano tassi di sopravvivenza più elevati rispetto alle altre imprese con declassamento creditizio, suggerendo che la criminalità possa fungere da fonte alternativa di finanziamento per le aziende in difficoltà», sottolinea lo studio. L’analisi, sfruttando un’ampia base dati che comprende diverse società italiane tra il 2001 e il 2020, incrocia le informazioni su rating creditizi e prestiti bancari con i dati riservati della UIF relativi alla mappatura sperimentale delle imprese «potenzialmente connesse a contesti di criminalità organizzata».

La conclusione dello studio mostra come il credito legale venga sostituito da capitale di provenienza criminale quando le banche riducono il sostegno finanziario. Le aziende infiltrate continuano a operare pur registrando cali di fatturato, occupazione e redditività, rimanendo attive grazie a finanziamenti illeciti e diventando così imprese «zombie».

Le imprese più grandi sono maggiormente esposte alle infiltrazioni criminali, così come quelle di particolari settori, in particolare l’edilizia, dove la probabilità di infiltrazione raggiunge il 10%. Secondo la UIF, garantire l’accesso al credito alle imprese sane ma vulnerabili è fondamentale, soprattutto in periodi di crisi economica, per prevenire che diventino bersaglio della criminalità organizzata e preservare la competitività del tessuto imprenditoriale italiano.

«È inoltre necessario – conclude il report – rafforzare la trasparenza finanziaria e il monitoraggio dei cambi di proprietà e governance, integrando le politiche di contrasto alla criminalità economica con strumenti di analisi predittiva e di sorveglianza sistemica».

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