Tutte le fragilità di Excel: sviluppare un software per gestire la complessità del mondo NPE

Un diverso approccio per trasformare le esigenze operative in soluzioni digitali efficaci nel settore dei crediti deteriorati

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Cubi-magazine

Nel contesto contemporaneo, va preso definitivamente atto che la tecnologia non è più un supporto accessorio, ma costituisce una leva strategica imprescindibile, in particolare per la gestione strutturata e ad alta complessità di portafogli di NPE (Non-Performing Exposures). Non esiste una soluzione «one-size-fits-all». Sebbene strumenti universali come Excel continuino ad avere un ruolo operativo rilevante, rivelano limiti strutturali evidenti nel momento in cui si affrontano attività verticali come la segmentazione, la lavorazione o la strategia giudiziale di crediti deteriorati. In questi casi, solo lo sviluppo di strumenti ad hoc, modellati sulle specificità dell’organizzazione, può garantire efficienza, tracciabilità e ritorni economici reali.

Il paradosso di Excel: onnipresente ma insicuro

Nonostante i progressi della tecnologia e l’aumento delle complessità operative, è sorprendente constatare come, ancora oggi, molti tra i principali operatori nel mondo NPE – anche di grandi dimensioni – continuino a fare ampio affidamento su fogli Excel per la gestione quotidiana delle attività. È una scelta comprensibile in termini d’immediatezza e flessibilità, ma al tempo stesso profondamente rischiosa sotto il profilo della sicurezza, affidabilità e della scalabilità. Excel è uno strumento potente, ma non è un ambiente strutturato. Ogni cella può essere sovrascritta per errore, ogni formula può essere alterata in modo silente, ogni collegamento tra fogli può spezzarsi con un copia-incolla. La tracciabilità delle modifiche è pressoché inesistente, l’indicazione delle varie versioni dei file è spesso demandata a soluzioni empiriche (come i salvataggi progressivi o l’uso di cartelle condivise) e il rischio di errori umani cresce esponenzialmente con l’aumento del volume dati e della complessità logica.

Ancora più critico è il fatto che le logiche di business restano intrappolate dentro formule opache o macro sviluppate da singoli operatori, spesso non documentate. Questo rende difficile ogni forma di controllo incrociato, validazione o manutenzione evolutiva. In alcuni casi, il ricalcolo di un saldo o l’assegnazione di una priorità giudiziale può dipendere da una cella modificata mesi prima da un utente ignaro, senza che nessuno ne abbia piena consapevolezza. In un contesto ad alta regolazione come quello dei crediti deteriorati, dove compliance e coerenza operativa sono essenziali, Excel rappresenta un sistema fragile e inefficiente, che andrebbe superato in favore di soluzioni strutturate, tracciabili e interoperabili. L’informatica non dovrebbe essere una «stampella» adattiva, ma un’infrastruttura robusta su cui poggia l’intero processo gestionale.

L’arte di tradurre la complessità operativa in codice

Nella progettazione di piattaforme digitali per la gestione di eventi complessi, si è portati alla definizione di un metodo che può risultare utile anche per chi si occupa di gestione dei portafogli creditizi. Il punto di partenza è l’adozione di un linguaggio condiviso (ubiquitous language), capace di eliminare le ambiguità tra saperi eterogenei: una parola ha un significato univoco nel lessico aziendale e quel significato è coerentemente riflesso nel codice. Ogni processo va, dunque, rappresentato secondo domini funzionali, che definiscono aree concettuali precise: nel nostro settore possono essere, ad esempio, le posizioni, i garanti, le procedure esecutive, le operazioni di cessione, et cetera. Definire questi domini e le loro interrelazioni consente di costruire basi di dati robuste e coerenti. Questa fase è cruciale in quanto eventuali modifiche che dovessero emergere nelle fasi avanzate dello sviluppo porterebbero a refactoring dispendiosi.

Il cuore del processo: utenti, ruoli e casi d’uso

Tutti i soggetti che interagiranno con il sistema vanno profilati fin dall’inizio. Chi sono gli utenti? Quali ruoli avranno? A cosa devono poter accedere? Su questa base si costruiscono i casi d’uso, vere e proprie unità funzionali che rispondono alla formula: «Come [ruolo], devo poter [funzione]». L’elenco dei casi d’uso diventa la Bibbia dello sviluppo, guida concreta tanto per gli sviluppatori quanto per i test di collaudo e la validazione alla consegna. Non è solo documentazione: è garanzia contrattuale.

La forza del design: dal wireframe alla User Experience

Una volta definiti i casi d’uso, questi devono essere tradotti in interfacce visive. Strumenti come Figma o Penpot consentono di costruire mockup dinamici, simulando l’esperienza d’uso in modo intuitivo. È qui che il committente «vede» per la prima volta il futuro software e può aggiustare il tiro prima dell’avvio dei lavori di sviluppo vero e proprio. Correggere errori in questa fase è molto più economico e veloce rispetto alle fasi avanzate dello sviluppo. In questa fase entra in gioco la UX (User Experience), troppo spesso sottovalutata in ambito tecnico-legale. Eppure, proprio in contesti delicati come quello della gestione NPE, un sistema con interfacce intuitive può accelerare i processi decisionali, ridurre gli errori e aumentare la produttività.

L’AI come alleato (non come sostituto)

L’intelligenza artificiale sta assumendo un ruolo crescente anche nello sviluppo software. Tuttavia, essa non elimina il bisogno di progettazione, anzi: lo rafforza. Un’AI può aiutare a colmare lacune nei casi d’uso, proporre ottimizzazioni o suggerire nuove funzionalità, ma solo se ha accesso a una base informativa solida e strutturata.

Agile, staging e gestione del cambiamento

L’approccio Agile, ormai diffuso anche in Italia, impone cicli rapidi di sviluppo e feedback continui. Questo richiede strumenti di collaborazione asincrona (come sistemi di ticketing evoluti) e ambienti di staging, in cui testare in anteprima le funzionalità in via di rilascio. Ma attenzione: una gestione inefficiente del dialogo tra committenti e sviluppatori può generare overload documentale e deviare energie dallo sviluppo alla burocrazia interna. Servono misura, metodo e chiarezza nei flussi.

Conclusione

Nel mondo della gestione dei crediti deteriorati, la transizione digitale non è un’opzione: è un obbligo competitivo. Ma per trasformare esigenze operative in soluzioni digitali funzionali servono metodo, linguaggio condiviso e rigore progettuale. Chi impara a parlare correttamente con il proprio consulente informatico – nei tempi e nei modi giusti – ottiene sistemi che non solo funzionano, ma migliorano davvero il modo di lavorare.


Toolbox del progettista NPE

Figma: progettazione visuale d’interfacce e prototipi interattivi, Domain Driven Design (DDD): modello architetturale centrato sul business e sulla semantica condivisa, casi d’uso: unità funzionale minima per la descrizione del comportamento del sistema, ambienti di staging: versioni intermedie del software testabili dagli utenti con dati fittizi ma verosimili.

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