Il taglio di un quarto di punto deciso dalla Banca centrale europea – che porta il tasso sui depositi al 2%, quello sui rifinanziamenti principali al 2,15% e il tasso sui prestiti marginali al 2,40% – apre formalmente una nuova fase espansiva nella politica monetaria dell’Eurozona.
Ma le piccole e medie imprese italiane continuano a faticare ad accedere al credito a causa di tassi elevati e condizioni bancarie rigide. Le PMI, penalizzate da dimensioni ridotte e scarsa accessibilità a rating formali, necessitano di misure complementari come garanzie pubbliche rafforzate e strumenti di finanza alternativa.
Lo segnala un report del centro studi di Unimpresa, secondo cui il costo dei finanziamenti per le PMI rimane elevato, con tassi superiori al 5,5% per prestiti inferiori ai 250.000 euro, ben al di sopra della media UE.
Le banche continuano a mostrare estrema cautela nell’erogazione, mantenendo condizioni rigide, richiedendo garanzie più onerose e applicando spread elevati.
Le difficoltà sono legate a una serie di fattori:
- l’inerzia delle banche nel trasferire il calo del costo del denaro;
- il profilo di rischio delle microimprese, penalizzate da patrimoni limitati e assenza di rating;
- l’accesso ridotto alle garanzie pubbliche rispetto al biennio pandemico.
«Occorrono misure complementari al taglio dei tassi: serve un rafforzamento degli strumenti pubblici di garanzia, un impegno da parte del sistema bancario a sostenere la piccola impresa e l’attivazione di canali alternativi di finanziamento, come minibond, piattaforme fintech e credito diretto. Il rischio, altrimenti, è che la svolta della BCE rimanga confinata alle grandi imprese, lasciando indietro la spina dorsale dell’economia italiana», commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Il credito alle imprese non finanziarie ha continuato a contrarsi e, in particolare, le PMI si trovano a fronteggiare ostacoli specifici nell’accesso al credito, tra cui:
- capitale limitato, che penalizza il merito creditizio;
- margini erosi dall’inflazione e dalla stretta precedente;
- ritardi nei pagamenti dalla PA e da grandi committenti;
- costi fissi bancari sproporzionati per piccoli prestiti;
- assenza di rating formalizzati o di sistemi di contabilità evoluti, che rendono difficile il dialogo con un sistema bancario vincolato da regole EBA e calendar provisioning.
Secondo Unimpresa, resta centrale l’intervento del Fondo di garanzia per le PMI, che copre fino all’80% del rischio. Tuttavia, dopo il picco d’utilizzo tra il 2020 e il 2022, anche questo strumento ha subito:
- una riduzione delle risorse;
- un inasprimento delle condizioni di accesso (aiuti di Stato e rischio sistemico).
Servono allora misure strutturali di accompagnamento:
- garanzie pubbliche rafforzate,
- finanza alternativa (minibond, crowdfunding, fintech),
- sistema bancario incentivato a sostenere la microimprenditorialità.
Altrimenti – conclude il report – l’effetto espansivo della politica monetaria rischia di restare confinato ai grandi gruppi e di non raggiungere il cuore produttivo del Paese.