L’intelligenza artificiale (AI), e in particolare la Generative AI (GenAI), è oggi al centro di un acceso dibattito: rappresenta davvero la quarta rivoluzione industriale oppure si tratta solo di un fenomeno passeggero? Secondo diversi esperti, molte argomentazioni sostengono la prima ipotesi. L’AI è una tecnologia trasversale che produrrà una catena di profonde trasformazioni economiche, sociali e culturali.
Infatti, come la macchina a vapore, l’elettricità e i computer — i tre driver delle precedenti rivoluzioni industriali — questa tecnologia permetterà di automatizzare i processi cognitivi con impatti rilevanti su produttività e organizzazione del lavoro di tutti i settori (dalla finanza ai servizi fino all’educazione), producendo cambiamenti radicali anche nel modo in cui viviamo e comunichiamo.
Inoltre, l’AI si combina con altre tecnologie emergenti (IoT, robotica, biotecnologie, green tech), una caratteristica ricorrente nelle vere rivoluzioni industriali. L’ecosistema si sta espandendo rapidamente, con ingenti investimenti, una crescita esponenziale di startup e una corsa alle risorse tecnologiche come GPU e data center — segnali che confermano, per molti osservatori, un cambiamento strutturale in atto.
Dall’altro lato, alcune analisi evidenziano invece elementi che invitano alla cautela. Il cosiddetto paradosso della produttività sottolinea che i benefici macroeconomici dell’AI non sono ancora così evidenti, come già accaduto con i computer negli anni ’80. In base a uno studio del MIT Media Lab (“The GenAI Divide: State of AI in Business 2025”, luglio 2025), circa il 95% dei progetti GenAI non fornisce ritorni misurabili in termini di margine operativo, suggerendo come molte iniziative rimangano sperimentali.
I principali ostacoli? Incertezze regolatorie, competenze interne limitate nella gestione dei modelli generativi e difficoltà nell’integrare queste tecnologie nei processi aziendali già esistenti. Rimangono anche diversi limiti tecnici, tra cui “allucinazioni” (risposte errate o inventate), bias (pregiudizi nei dati), scarsa trasparenza e dipendenza dai dati di addestramento, aspetti che rendono la tecnologia non ancora pienamente affidabile.
Le storie di analytics e machine learning sono segnate da cicli di entusiasmo seguiti da fasi di delusione (“AI winters”), che potrebbero ripetersi. In sintesi, oggi l’AI presenta caratteristiche che possono farla apparire sia come hype, con aspettative spesso superiori alle capacità reali, sia come potenziale rivoluzione industriale, destinata a ridisegnare processi produttivi e sociali nel medio-lungo termine.
A mio avviso, l’AI ha poco a che fare con invenzioni classificabili come “soluzioni in cerca di problemi” — pensiamo ai visori per la realtà virtuale, lanciati negli anni ’90 con la promessa di essere il futuro dell’intrattenimento e della formazione, ma mai realmente affermatisi sul mercato a causa di limiti tecnici e contenuti poco attrattivi.
Al contrario, questa tecnologia non è semplice clamore mediatico: la GenAI ha già molte delle caratteristiche che hanno contraddistinto le precedenti rivoluzioni industriali, essendo un prodotto altamente scalabile, accessibile e di grande impatto. Al tempo stesso, proprio come accaduto per altre invenzioni (pensiamo al laser, che inizialmente sembrava senza applicazioni pratiche, ma poi fu impiegato con successo in chirurgia e industria), serviranno ancora pochi anni prima di vederne gli effetti più profondi.
Ogni rivoluzione prevede un periodo di avvio e innovazioni chiave, con impatti su larga scala nell’arco di 20-30 anni. Per l’AI, iniziata intorno al 2010, la fase di sperimentazione ed entusiasmo sembra completata e iniziano a emergere applicazioni reali e di successo.
Un esempio tangibile è la piattaforma Ophelos, una soluzione di debt resolution sviluppata da Intrum. Questa piattaforma digitale, impiegando motori decisionali basati su machine learning e agenti AI, consente una gestione innovativa del credito.
I vantaggi? Oltre all’automatizzazione di processi complessi, Ophelos migliora la customer experience grazie a interazioni 24/7, funzionalità di self-payment e tracciabilità di ogni interazione. Gli effetti sui KPI aziendali sono già misurabili: aumento del +25% nei tassi di recupero, riduzione del 22% dei costi diretti e maggiore efficienza operativa grazie alla scalabilità della piattaforma AI, capace di gestire volumi di pratiche e utenti insostenibili con organici tradizionali.
Quale insegnamento possiamo trarre da questa esperienza? L’esempio di Ophelos dimostra che il successo può essere accelerato puntando su tre pilastri fondamentali:
- Evoluzione della cultura aziendale, per facilitare l’adozione reale dell’AI con un approccio orientato all’innovazione continua; la leadership rimane il primo vero abilitatore o ostacolo.
- Ridefinizione dei modelli operativi, per integrare completamente la GenAI nei processi aziendali, adottando un approccio “Human-in-the-loop” che bilanci automazione e sviluppo delle competenze.
- Valutazione realistica di costi e benefici, andando oltre i benchmark tecnici per misurare produttività, innovazione e qualità del lavoro, aiutando a distinguere tra hype e cambiamento strutturale.
In conclusione, i leap tecnologici non sono più, nel 2025, esperimenti relegati ai laboratori, ma stanno incidendo concretamente sul business e cambiando la natura stessa del lavoro. Storia e attualità mostrano che il successo non dipende dalle tecnologie in sé, ma dalla capacità di aziende e manager di integrare innovazione, cultura organizzativa e umanità. Prepararsi oggi significa investire su questi fattori, per sfruttare davvero la potenza della Quarta Rivoluzione Industriale e guidare la trasformazione invece che subirla.
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