L’Eba non cambia la sua rigida classificazione di default. Quando un prestito ristrutturato da una banca riduce di oltre l’1% l’esposizione originaria, va automaticamente riclassificato come deteriorato. L’Autorità bancaria europea – ha segnalato MF – ha avviato una consultazione sulla definizione di credito bancario in default, ma nel testo mancano modifiche alla soglia di ristrutturazione oltre la quale un prestito è considerato non-performing.
L’intervento sulla soglia era stato chiesto da Parlamento e Consiglio Ue nell’ultimo regolamento sui requisiti di capitale (CRR), con l’obiettivo di facilitare le moratorie, ma l’autorità bancaria non ha seguito le indicazioni dei colleghi.
Per il momento, l’Eba ha dichiarato di voler attendere le risposte della consultazione, anche se pare poco propensa a variazioni. Le uniche novità potrebbero riguardare la riduzione delle tempistiche per tornare in bonis.
Non è escluso tuttavia – spiega il giornale – che il Parlamento Ue, dopo l’estate, possa intervenire in modo diretto sulla definizione di default, per esempio nell’ambito di un eventuale provvedimento Omnibus sulle banche.
Il tema è emerso in una recente audizione del direttore esecutivo dell’Eba, François-Louis Michaud, alla commissione economica del Parlamento Ue. L’eurodeputata PD Irene Tinagli ha fatto notare che la bozza di linee guida Eba «sembra ignorare il mandato ricevuto, mostrando cambiamenti non sostanziali». Per Tinagli, il contenuto della bozza e il suo ritardo rispetto ai tempi previsti «sollevano preoccupazioni su come l’Eba definisce le priorità e affronta le indicazioni politiche che si suppone siano vincolanti».
Michaud ha risposto in audizione che «il quadro normativo è già flessibile e sensibile al rischio, in quanto consente una ristrutturazione senza classificare erroneamente le inadempienze, ed è in linea con i principi contabili».
La soglia dell’1%, introdotta dall’Eba nel 2016, è stata criticata a più riprese anche in ambito bancario. «In precedenza – ha sottolineato l’ex direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, in un’intervista a Be Bankers – i regolatori nazionali utilizzavano una flessibilità molto maggiore che includeva anche il ricorso a misure di forbearance (concessioni) per agevolare i debitori in difficoltà (in Italia la soglia era del 5%)».
«L’1% si è rivelata una misura troppo restrittiva e rigida. Con l’aumento dei tassi d’interesse, qualsiasi ristrutturazione di un debito è finita in quella mannaia», ha concluso.