Crediti non riscossi degli enti locali: Ader ha fallito nel ruolo di esattore

Nelle audizioni sulla manovra al Senato si discute la norma che consente ai Comuni di trasferire ad Amco i crediti non riscossi dei propri tributi

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L’Agenzia delle entrate e della riscossione (Ader) non si è dimostrata il soggetto più idoneo a recuperare i crediti non riscossi degli enti locali. È una delle principali evidenze emerse nel corso delle audizioni in corso al Senato sulla prossima legge di Bilancio e, soprattutto, sulla norma che consentirà agli enti locali di trasferire ad Amco (società di credit management che fa capo al Mef) i crediti relativi a tributi (Imu, multe, Tari) non pagati e che oggi, in parte significativa, sono affidati all’Ader. Tra i motivi che hanno spinto il governo a intervenire sulla materia c’è, appunto, la non soddisfacente performance dell’esattore pubblico.

In audizione al Senato sulla legge di Bilancio – ha riferito un articolo di Repubblica – l’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) ha definito «l’attuale servizio reso dall’Ader insufficiente rispetto alle necessità di recupero, per effetto di una molteplicità di fattori, tra i quali il fallimento dei tentativi di specializzare l’azione nella riscossione di crediti di minore entità, caratteristici delle quote affidate dai Comuni». Da qui, come evidenziato dall’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio), sempre in audizione sulla manovra, la progressiva riduzione del numero dei Comuni che si rivolgono all’Ader, «con il 55,4% che affida il servizio ad agenti diversi a riprova di una generale valutazione critica della qualità dei servizi». Gli enti locali già da diversi anni hanno cominciato a servirsi di esattori privati iscritti a un apposito albo.

La legge di Bilancio per il 2026 introduce ora un ulteriore passaggio: quello di un trasferimento dei crediti ad Amco che poi, in parte, si servirà delle medesime società private per il concreto recupero dei crediti. In pratica svolgerà una funzione di regia e coordinamento e – ha detto in audizione al Senato l’ad di Amco, Andrea Munari – «potrà da subito garantire continuità, efficienza e standard uniformi di servizio» (vedi Be Bankers del 4 novembre).

L’Anci, in un documento consegnato nel corso dell’audizione parlamentare, ha considerato che la misura prospettata dal governo possa «rappresentare un significativo avanzamento» ma, al tempo stesso, teme che l’arrivo di Amco possa compromettere la loro libertà d’azione ed anche rappresentare un’impropria interferenza in un mercato in cui la società pubblica opera in concorrenza con altri operatori privati.

Il documento dell’associazione sottolinea in particolare che «la finalizzazione del progetto dovrebbe considerare l’esigenza prioritaria di evitare forme di monopolio statale o imposizioni unilaterali su scala nazionale. Amco dovrebbe operare, forse anche sulla base di migliori specificazioni della norma primaria, in regime di concorrenza regolata, secondo criteri trasparenti e a condizioni eque per tutti i Comuni, mantenendo tuttavia la funzione di “riscossore coattivo di ultima istanza”, attualmente svolta da Ader».

Per avere un’idea delle cifre in ballo, su una torta da 1.272,9 miliardi di euro (dato più recente al 31 gennaio 2025) di crediti fiscali che l’Agenzia delle entrate non è riuscita a riscuotere, 27,16 miliardi sono riconducibili ai Comuni e ulteriori 14,81 miliardi ad altri enti territoriali. Secondo la relazione della Commissione per l’analisi del magazzino in carico all’Ader, di questi 27,16 miliardi possono essere effettivamente recuperati 19,72 miliardi, cifra che si riduce a 6,29 miliardi se si sottraggono ulteriori posizioni di difficile esigibilità. «Ci si aspetta, insomma – sottolinea l’articolo di Repubblicache Amco riesca laddove Ader ha fallito, aiutando così i Comuni a riscuotere almeno questi 6,29 miliardi».

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