Lo scorso anno è stato caratterizzato da un andamento sostanzialmente piatto del credito alle imprese (-0,6% il numero di finanziamenti erogati nel 2024 e +0,9% gli importi erogati), ma da un aumento del tasso di default, che ha raggiunto il 2,53% a dicembre 2024, in crescita di 0,22 punti percentuali rispetto alla rilevazione di giugno.
Lo segnala l’Osservatorio Crif sull’andamento dei fallimenti d’impresa, a cui Repubblica ha fornito un’anticipazione. «Il secondo semestre del 2024 è stato caratterizzato dal protrarsi di uno scenario di instabilità a livello globale che si è ripercosso sulle imprese italiane», ha spiegato Luca D’Amico, CEO di Crif Ratings, secondo il quale il balzo in avanti dei tassi di default «merita attenzione, sebbene ancora lontani dal 4% circa dei livelli pre-Covid: registrano un incremento non trascurabile».
Per altro «per il biennio 2025-2026 stimiamo che il tasso di default segnerà degli ulteriori incrementi, influenzati dal difficile e instabile contesto internazionale su cui peseranno le tensioni geopolitiche e commerciali che stanno già caratterizzando i primi mesi del 2025».
Nonostante le dinamiche inflattive e il costo del denaro siano rientrati su livelli più fisiologici, i tassi di default previsti sono nell’ordine del 3,4% nel 2025, cui seguirà un ulteriore rialzo fino a raggiungere il 3,9% a fine 2026, comunque lievemente inferiore al livello pre-pandemico.
C’è anche uno scenario che l’Osservatorio non si sente di escludere, ovvero che, in presenza di un acuirsi delle tensioni geopolitiche e commerciali a livello internazionale, il dato possa salire vicino al 4,6% nel 2026.
La mappa dei settori in maggiore difficoltà prospettica segue quella attuale, con gli ambiti in difficoltà strutturale e quelli particolarmente esposti alle dinamiche internazionali, molti dei quali presentano già margini operativi sotto pressione: automotive, commercio, tessile, alimentare. La meccanica strumentale si conferma invece uno dei settori più resilienti in termini di rischiosità, con un tasso di default dell’1,85% che – seppur visto in crescita per le turbolenze internazionali – dovrebbe tenere meglio della media.