Le rottamazioni e l’evasione fiscale, quando la politica blandisce chi non paga le tasse

0
50

«Ormai hai 21 anni – diceva Alberto Sordi ne “L’Americano a Roma” – è tempo che tu sappia di chi sei figlio».
C’è, per tutti, un momento della verità. Anche per le nazioni. Che posto effettivo occupa, nelle priorità del Belpaese, il pagamento delle imposte?
Posto che il pagamento dei tributi si concentra su una minoranza di connazionali – il 27,41% dei contribuenti paga il 76,87% dell’Irpef complessiva, come documenta anche l’ultimo studio di Alberto Brambilla – che fare per chi è inadempiente?

L’esercito dei “distratti” non in regola con lo Stato è molto vasto: comprende 21 milioni di italiani e, nel complesso, i crediti vantati dall’erario, dall’INPS e da altre amministrazioni pubbliche hanno raggiunto, a gennaio di quest’anno, la rispettabile somma di 1.273 miliardi di euro, più di un terzo del debito pubblico italiano.

Considerando che gli evasori sono anche elettori, la politica è normalmente portata a blandirli. Ed ecco che si moltiplicano le rottamazioni delle cartelle esattoriali, l’ultima delle quali – la quinquies – è stata inserita nella legge di bilancio varata in questi giorni dal governo.

Presentata con toni elegiaci («la pace fiscale»), la misura di clemenza è stata definita da Matteo Salvini, suo principale sostenitore, come «una boccata d’ossigeno e speranza per 16 milioni di italiani – la platea potenziale del provvedimento – che possono finalmente rivedere la luce».

La rottamazione quinquies, per la verità, non è stata considerata dagli analisti così benevola come le precedenti, poiché agli evasori, pur in assenza di more, saranno conteggiati comunque gli interessi (al tasso del 4% l’anno) sui debiti rateizzabili fino a nove anni.

Intanto, però, è già stato trovato un baco: poiché gli interessati potranno evitare di pagare due rate prima che il loro piano di ammortamento del debito venga dichiarato decaduto (con la conseguenza di riattivare le procedure esecutive dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, AdER), sembrerebbe sufficiente suddividere il debito in tre rate, pagarne due e – oplà – un terzo delle somme in discussione verrà cancellato, mentre l’esattore pubblico rimarrà in palmo di naso.

Il governo, con l’intenzione di trovare nuove soluzioni per riattivare la riscossione dei crediti evasi, ha deciso – sempre con l’ultima legge di bilancio – di favorire l’affidamento dei crediti degli enti locali a operatori privati, considerati evidentemente più efficienti dell’Agenzia delle Entrate. Il riscossore pubblico mostra falle evidenti. È un cane che abbaia – 10 milioni di cartelle esattoriali inviate ogni anno ai contribuenti morosi – ma non morde: nel 2023, l’AdER ha eseguito solo 81 pignoramenti immobiliari!

Inoltre, l’Agenzia è frenata da mille lacci e laccioli normativi. Qualche esempio? Se le tasse evase non superano 120mila euro, l’Agenzia non può richiedere l’espropriazione immobiliare (comunque vietata sulle prime case). All’Agenzia delle Entrate fanno capo poderose banche dati, tra cui quella sui conti correnti bancari, ma i suoi stessi uffici di riscossione non vi possono accedere. E quando è stata avanzata la richiesta di interoperabilità per rendere i servizi più efficienti, proteste vibrate sono giunte sia dalla maggioranza (il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti) sia dall’opposizione (Matteo Renzi).

I voti non odorano, verrebbe da commentare.
Anche la PEC per le notifiche diventa un’arma spuntata in mano all’amministrazione finanziaria, poiché i contribuenti più furbi intasano la loro posta, facendo tornare le PEC desolatamente al mittente. Insomma, verrebbe da chiedersi se davvero la lotta all’evasione rappresenti una priorità per il Paese.
E, per tornare ad Alberto Sordi e alla sua battuta, la gran parte di chi paga le tasse (e di chi evade) ha superato da tempo la maggiore età.

Iscriviti alla newsletter: https://www.bebankers.it/newsletter/