La rateizzazione dei debiti nei confronti dello Stato utilizzando la nuova rottamazione quinquies non sarà a costo zero per i contribuenti morosi. L’importo delle somme dovute sarà capitalizzato ogni anno al tasso del 4 per cento a partire dal 1° agosto 2026. È quanto si legge nelle prime bozze della Legge di bilancio 2026, che hanno iniziato a circolare dopo l’approvazione del provvedimento da parte dell’esecutivo.
Va comunque considerato che, al momento di accedere alla misura facoltativa, agli importi indicati originariamente nelle cartelle esattoriali verranno detratte le somme calcolate a titolo di interessi e di sanzioni, e gli interessi di mora. Il contribuente che decidesse di pagare il dovuto in una sola rata dovrebbe versare unicamente le somme dovute a titolo di capitale e quelle maturate a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notificazione della cartella di pagamento.
Suddividendo la spesa in più rate, fino a un massimo di 54 rate (9 anni), si pagheranno invece interessi al 4% l’anno. L’accesso alla rottamazione quinquies determinerà il blocco delle procedure esecutive da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (Ader), purché non si verifichi un «mancato o insufficiente versamento» dell’unica rata scelta dal debitore per effettuare il pagamento oppure di «due rate, anche non consecutive, di quelle nelle quali il debitore ha scelto di dilazionare il pagamento».
Non è chiaro che cosa potrebbe accadere se i morosi decidessero di ripartire il loro debito in tre rate limitandosi a pagare la prima e la terza. In questo caso – come era stato segnalato dalla stessa Ader in un’audizione parlamentare – l’agenzia potrebbe vedersi preclusa la possibilità di accesso a nuove procedure esecutive.
Trasferimento ad Amco dei crediti degli enti locali
Scorrendo gli articoli della Legge di bilancio, si delineano meglio i contorni dell’operazione decisa dal governo per favorire il trasferimento ad operatori privati dei crediti vantati dagli enti locali, utilizzando come collettore Amco, la società di credit management del Mef.
Si tratta di una massa di asset che, nel gennaio di quest’anno, era valutata in 47 miliardi, in parte già affidati – in alternativa all’Ader – ad operatori privati (iscritti a uno specifico albo ex art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), a scelta del comune o della regione. Il trasferimento ad Amco continuerà a essere facoltativo, ma diverrà obbligatorio se l’ente locale non raggiungerà almeno le percentuali minime di recupero crediti definite da un successivo decreto ministeriale.
Quale sarà il ruolo di Amco? Il gruppo sarà incaricato di provvedere al recupero dei crediti e, per queste attività – precisa l’art. 119 della Legge di bilancio – «si avvale di uno o più operatori dotati dei requisiti di cui al comma 2-octies (quelli, appunto, iscritti all’albo, ndr) da selezionarsi a seguito di procedura competitiva nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità e concorrenza». La stessa società del Tesoro «assicura il coordinamento delle procedure di riscossione ed effettua un’attività di monitoraggio delle attività svolte da ciascun soggetto affidatario dell’attività di riscossione e di rendicontazione dei flussi di cassa, in conformità alle disposizioni in materia di trasparenza, tracciabilità e corretta gestione delle risorse».
Insomma, Amco svolgerà soprattutto un ruolo di coordinamento, monitoraggio e controllo degli operatori privati. L’intento del governo è quello di offrire agli enti locali il supporto di una struttura competente professionalmente nella scelta degli operatori migliori, partendo dal convincimento che la strada di ricorrere al privato sia preferibile all’assetto attuale che fa perno sull’Ader. Si tratta, però, di un terreno delicato, in cui non mancano dubbi antitrust. Attualmente, infatti, il mercato è libero e concorrenziale e vi partecipa peraltro una società, Extacta, recentemente acquisita (all’80%) dalla stessa Amco.
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