Secondo il Barometro Coface di giugno 2025, l’Italia emerge come il Paese dell’Europa Occidentale con il più alto livello di rischio di insolvenza delle imprese, classificato «elevato». Questo dato mette in luce una situazione di vulnerabilità che riguarda in particolare i settori delle costruzioni, del tessile-abbigliamento, dell’automotive e del metallurgico, ancora fortemente sotto pressione a causa di costi energetici elevati, difficoltà nelle catene di approvvigionamento e debolezza della domanda. Al contrario, comparti come l’energy e il farmaceutico risultano più stabili, con un rischio inferiore.
Rispetto ad altri Paesi europei — come Norvegia, Danimarca e Svizzera, dove il rischio è molto basso, o Spagna, Portogallo, Olanda e Belgio, che registrano un rischio contenuto — l’Italia si trova in una posizione più delicata. Francia, Germania e Regno Unito mostrano invece un rischio moderato. Questo quadro riflette un contesto economico interno che fatica a mantenere slancio e resilienza, soprattutto in un momento in cui l’incertezza globale aumenta.
A livello mondiale, il 2025 è caratterizzato da una forte instabilità dovuta a tensioni geopolitiche e commerciali senza precedenti: le decisioni statunitensi sui dazi, le tensioni in Medio Oriente e la volatilità dei prezzi dell’energia stanno influenzando negativamente le prospettive di crescita globale, previste in rallentamento (2,2% nel 2025). Settori industriali tradizionali come il metallurgico, l’automotive e la chimica sono i più colpiti, mentre alcune economie emergenti mostrano segnali di fragilità.
Ernesto De Martinis, CEO Regione Mediterraneo & Africa di Coface, spiega che «il declassamento di settori e Paesi che osserviamo oggi è il risultato diretto di uno scenario dominato da instabilità geopolitica, tensioni commerciali e politiche economiche sempre meno prevedibili. In particolare, le economie avanzate, un tempo considerate baluardi di resilienza, mostrano oggi segnali di vulnerabilità crescenti».