Reati tributari, è consentito il sequestro anche in caso di procedura fallimentare

Una sentenza della Cassazione ha affermato che l'esistenza di una procedura concorsuale non osta all'adozione del sequestro preventivo per reati tributari, il quale può essere eseguito su beni inclusi nell'attivo fallimentare, dato che il fallito ne mantiene la titolarità fino alla vendita

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Il sequestro preventivo volto alla confisca per reati tributari è consentito anche in caso sia stata già avviata la procedura fallimentare: a dirlo è una recente pronuncia (n. 13640 del 3 aprile 2024) con la quale la Cassazione penale, quinta sezione, chiarisce un punto controverso e stabilisce una volta per tutte la prevalenza delle ragioni sottese all’obbligatorietà della confisca, sui diritti di credito sorti in relazione ai beni oggetto della procedura di fallimento. A commentare la pronuncia su Italiaoggi è l’avvocato Stefano Loconte, esperto di diritto tributario.

La vicenda

Il tribunale di Como, in qualità di tribunale del riesame, ha confermato il decreto del giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Como che aveva respinto la richiesta di revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca in relazione a vari reati tributari. Il sequestro era stato disposto sulle risorse finanziarie di tre società dichiarate fallite. I fallimenti delle società coinvolte avevano presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione e sostenendo che le esigenze del fallimento dovrebbero prevalere su quelle dell’Erario.

La Corte di Cassazione ha giudicato infondati i ricorsi e, nella sua motivazione, ha esaminato il conflitto di interpretazioni presente nella giurisprudenza. Da un lato, vi era l’orientamento secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, come previsto dall’art. 12-bis, comma 1, del Decreto Legislativo n. 74/2000, prevale sui diritti di credito derivanti dalla procedura fallimentare, considerando la natura obbligatoria della misura ablatoria. Dall’altro lato, alcuni giudici sostenevano che la confisca non poteva essere disposta sui beni già soggetti a procedura fallimentare, poiché con la dichiarazione di fallimento il curatore acquisisce il controllo dei beni per gestirli e proteggerli dal depauperamento.Data questa divergenza, la questione è stata sottoposta al giudizio delle Sezioni Unite della Cassazione per stabilire se, nel caso di una dichiarazione di fallimento avvenuta prima dell’adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari, il sequestro possa prevalere sui diritti della massa fallimentare, oppure se il fallimento stesso debba impedire tale sequestro.

Per la Cassazione la confisca è obbligatoria

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che l’avvio della procedura fallimentare non impedisce l’adozione o la permanenza del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari (Cass. pen., Sez. U, n. 40797/2023). Questa decisione afferma che le ragioni legate all’obbligatorietà della confisca prevalgono sui diritti di credito sorti in relazione ai beni sequestrati a seguito del fallimento.

In sostanza, il rapporto tra il vincolo imposto dal fallimento e quello del sequestro deve essere risolto a favore di quest’ultimo, poiché la confisca è obbligatoria. Questo principio è confermato da precedenti giurisprudenziali – evidenzia il legale – che stabiliscono che il sequestro può essere eseguito su beni inclusi nell’attivo fallimentare, dato che il fallito ne mantiene la titolarità fino alla vendita. L’unico limite alla confisca è se i beni appartengono a terzi estranei al reato, definiti come coloro che non hanno tratto vantaggio dal reato e sono in buona fede, senza conoscenza dell’uso illecito del bene (Cass. pen., Sez. III, n. 3575/2021 e n. 34548/2023).

La Corte di Cassazione ha ritenuto che la decisione del tribunale del riesame di considerare prevalente il sequestro rispetto ai diritti di credito del fallimento fosse conforme al diritto. Questo perché le somme sequestrate non potevano essere considerate di terzi estranei, anche in caso di dichiarazione di fallimento o ammissione al concordato preventivo (Cass. pen., Sez. IV, n. 864/2021). Inoltre, la Corte ha richiamato la necessità che il sequestro preventivo espliciti le ragioni dell’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio. Nel caso in esame, il provvedimento di sequestro aveva motivato l’anticipazione con l’obiettivo di garantire il pagamento dei debiti verso l’Erario, evitando che la rimozione del vincolo permettesse la destinazione delle somme sequestrate a pagare altri creditori. Di conseguenza, la Corte ha rigettato i ricorsi.