Rottamazioni fiscali, più i mancati pagamenti che gli incassi

La Corte dei Conti certifica il flop delle sanatorie: molti contribuenti hanno aderito solo per rinviare la riscossione coattiva

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Dal 2016 a oggi le varie rottamazioni fiscali si sono trasformate in un’arma a doppio taglio per lo Stato. Lo certificano i dati della Corte dei Conti, elaborati su numeri dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione e contenuti nei volumi allegati alla Relazione sul rendiconto generale dello Stato.

Secondo quanto spiega Il Sole 24 Ore online, a fronte di oltre 111 miliardi di gettito complessivo previsto dalle quattro definizioni agevolate, nelle casse pubbliche ne sono entrati appena 33, mentre i mancati pagamenti delle rate hanno superato quota 47 miliardi. La dinamica è ormai consolidata: tanti contribuenti aderiscono, ma poi smettono di pagare.

La fotografia più recente arriva dalla «rottamazione quater», che al 31 dicembre 2024 aveva garantito 12,2 miliardi di incassi, un dato persino superiore alle stime iniziali. Ma nello stesso arco di tempo sono rimasti inevasi 11,2 miliardi di rate scadute, segno che per molti la sanatoria è servita soprattutto a guadagnare tempo e a ritardare la riscossione coattiva.

Non va meglio guardando indietro. La prima rottamazione del 2016 stimava introiti per 19,6 miliardi, ma si fermò a 9,2, con oltre la metà delle somme evaporate. La seconda, la cosiddetta «bis» del 2017, su 9,3 miliardi attesi ne portò a casa poco più di tre, lasciando scoperti 6,3 miliardi. Ancora peggiore il bilancio della «ter» del 2018: a fronte di 29,3 miliardi previsti, nelle casse pubbliche ne finirono solo 8,5, mentre 19,5 miliardi rimasero sulla carta.

La quarta edizione ha mostrato numeri più consistenti, ma anche qui gli omessi versamenti restano altissimi. Il bilancio complessivo evidenzia come lo strumento delle rottamazioni abbia permesso un afflusso immediato di risorse, producendo soprattutto un esercito di contribuenti che hanno aderito senza poi onorare gli impegni.

Per la Corte dei Conti la lezione è evidente: «ogni nuova sanatoria rischia di trasformarsi in un boomerang, alimentando aspettative di condono e indebolendo l’efficacia della riscossione ordinaria».