Svizzera: UBS ammonisce sui rischi derivanti dalla fusione con Credit Suisse

Il vero pericolo, secondo il ceo di Union Bank of Switzerland Sergio Ermotti, è il ritardo nell'integrazione tecnologica: la banca infatti sta integrando 300 delle 3.000 applicazioni dell'ex istituto rivale, cercando di ridurre i rischi per i clienti durante questa transizione

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Il quartier generale UBS a Zurigo. Copyright@UBS

L’integrazione tra i clienti di UBS Group AG, Union Bank of Switzerland, una delle più grandi banche svizzere ma anche mondiali, con quelli dell’ex rivale di Credit Suisse inizia quest’anno. I piani prevedono che la fusione si concluda entro la fine del 2026 o all’inizio del 2027. L’attuale ceo di UBS Sergio Ermotti ha promesso di rimanerne a capo fino ad allora e oggi mette in guardia sui pericoli dell’operazione. Secondo Ermotti un ritardo nell’integrazione dei sistemi tecnologici della banca con quelli di Credit Suisse Group sarebbe il “rischio più grande” per la fusione delle banche svizzere, erodendo i risparmi di costo pianificati per circa 13 miliardi di dollari. Secondo il ceo “i legislatori non dovrebbero essere eccessivi nelle richieste di capitale per la banca: UBS ha messo da parte 20 miliardi di dollari di capitale aggiuntivo e reinvestirà parti dei 13 miliardi di risparmi previsti per rendere più efficaci i processi”.

Un anno di transizione

Sotto la guida di Ermotti, tornato in UBS l’anno scorso dopo l’acquisto di Credit Suisse in un salvataggio di emergenza, l’ultima banca globale rimasta in Svizzera affronta un anno cruciale in cui deve combinare sistemi informatici e consentire la migrazione dei clienti, tra gli aspetti più delicati dell’intero progetto d’integrazione. UBS sta integrando 300 delle 3.000 applicazioni di Credit Suisse, cercando di ridurre i rischi per i clienti durante questa transizione. L’obiettivo di UBS è decommissionare il 30% delle app di Credit Suisse entro il 2024. Si prevede un risparmio di costi di 13 miliardi di dollari dall’acquisizione, principalmente attraverso la riduzione del personale e la fusione dei sistemi informatici. Ermotti ha riconosciuto che i tagli di posti di lavoro sarebbero inevitabili ma ha evitato di specificarne il numero, definendo tale processo come “doloroso”. Ha anche sottolineato il rischio che UBS potrebbe perdere il focus sulla generativa AI durante l’integrazione, in un panorama competitivo in rapido cambiamento, sottolineando l’importanza di dotare il personale degli strumenti migliori per avere successo.

Sergio P.Ermotti. Copyright @UBS

Ermotti è diventato amministratore delegato di UBS nel 2011. Ha aiutato a riabilitare la banca, che a quei tempi ricercava il sostegno dello Stato nella crisi finanziaria globale, prima di lasciare nove anni dopo. Oltre alle sfide dell’integrazione, UBS deve affrontare anche venti contrari regolatori e politici, mentre le autorità svizzere cercano di salvaguardare il sistema bancario e migliorare il controllo sugli istituti di credito. Ermotti, originario del Canton Ticino, di lingua italiana, ha dichiarato che sebbene concordi con la maggior parte delle recenti proposte del governo per rendere più sicura la banca svizzera, non è d’accordo con i piani di far sì che UBS detenga più capitale.

“Quando si parla delle uniche aree in cui riteniamo opportuno non esagerare – ha precisato Ermotti – sono le aree legate al capitale. La Svizzera beneficia di avere un sistema finanziario solido, un UBS competitivo fa parte di quell’equazione e gli stakeholder di UBS beneficiano anche dal fatto che l’azienda è con sede in Svizzera”. Secondo il ceo l’acquisizione di Credit Suisse ha comportato per UBS la necessità di mettere da parte 20 miliardi di dollari in più di capitale.

Ermotti è stato il dirigente bancario meglio pagato d’Europa l’anno scorso, guadagnando 14,4 milioni di franchi svizzeri. Il suo stipendio ha ricevuto critiche dalla ministra delle Finanze della Svizzera, che ha dichiarato di dover lavorare per 30 anni per guadagnare tanto.