Attività di riscossione: passeranno ad Amco i crediti degli enti locali

In «fase avanzatissima» il progetto di riordino, dice il ministro Giancarlo Giorgetti. È una partita che vale 43 miliardi, 27 dei quali relativi ai comuni. Dubbi Antitrust sulla legittimità di una simile destinazione in un mercato attualmente libero e competitivo

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La riscossione dei crediti degli enti locali passerà dall’Ader ad Amco, la società di credit management di proprietà del Mef. È, in sintesi, il proposito del governo a cui ha accennato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti presentando venerdì scorso a Palazzo Chigi la legge di bilancio 2026. «È in fase avanzatissima la formulazione di progetto con Anci. Abbiamo l’evidenza che ci sia un numero significativo di Comuni che vanno in stato di dissesto e non sono in grado di raggiungere delle percentuali dignitose di riscossione. Quindi, attraverso una società partecipata, vogliamo migliorare l’efficienza della riscossione». Non si tratta «di espropriare i Comuni delle loro facoltà, né di fare doppioni» dell’Agenzia delle Entrate, ma «di affrontare in modo efficiente per l’equilibrio finanziario degli enti locali», ha aggiunto il ministro.

Attualmente i crediti degli enti locali – stimati in circa 42 miliardi, di cui 27 relativi ai comuni – sono affidati all’Agenzia delle Entrate e Riscossione, l’Ader appunto, ma in parte gli enti locali già si rivolgono a soggetti privati iscritti a un apposito albo (ex art. 53 del D.Lgs. 446/1997).

Questo, probabilmente, spiega perché gli enti locali mostrano una maggiore efficienza nel recuperare i crediti dovuti, in gran parte relativi a multe, IMU e tassa sui rifiuti. In particolare – ha accertato di recente la Commissione ministeriale Benedetti – i comuni hanno un tasso di recupero dei crediti pari al 43,7%, assai superiore al 7,9% dell’Ader.

Ma perché il governo vuole intervenire proprio da lì? Il motivo risiede nelle difficoltà finanziarie dei comuni, molti dei quali – soprattutto al Sud – dipendono dai trasferimenti dello Stato centrale per poter erogare servizi essenziali ai cittadini.

Se pertanto una quota di quei crediti – almeno 6 miliardi giudicati recuperabili – fosse incassata, i comuni ne trarrebbero immediato giovamento. Proprio sul solco delle esperienze maturate in questi anni con gli operatori privati prende spunto il progetto del Tesoro. L’idea, appunto, è quella di trasferire i crediti dei comuni ad Amco, società privata ma interamente posseduta dal Mef, che recentemente ha acquistato Exacta, unità specializzata nel recupero dei crediti degli enti locali.

Secondo le indiscrezioni pubblicate in questi giorni soprattutto da Il Sole 24 Ore, che evidentemente ha letto una bozza del progetto governativo, il trasferimento dei crediti sarebbe facoltativo per i comuni che non hanno problemi economici. Per quelli in difficoltà, invece – ha spiegato Il Sole citando la bozza del progetto – «il ricorso ad Amco è obbligatorio alla scadenza dei contratti in essere con i soggetti affidatari della riscossione». E chi non si adegua si vedrebbe applicare «la sospensione dei trasferimenti a qualunque titolo», con l’eccezione dei fondi Pnrr e Pnc, e il blocco totale di assunzioni, contratti a termine e collaborazioni, salvo quelle finanziate da altre PA.

Se così fosse il progetto del governo, intervenendo in un mercato attualmente libero e concorrenziale, sarebbe esposto a un palese vizio Antitrust. Sarebbe come se i consumatori fossero obbligati a comprare il latte della centrale del latte comunale invece di quello messo in vendita da Granarolo o Parmalat.

D’altra parte, è presumibile immaginare che – almeno in parte – uno stock così rilevante di crediti finirebbe per essere trasferito in subappalto ai credit servicer privati, con cui già attualmente Amco ha rapporti di collaborazione.

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