Codice della crisi: Transazione forzosa con soglie troppo elevate, dice il Consiglio di Stato

Se nell’ambito dell’Adr l’omologazione forzosa risulta troppo onerosa, il debitore è indotto a perseguire il risanamento mediante un diverso istituto in cui le soglie non siano previste (ad esempio il concordato in continuità)

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Il Consiglio di Stato ha espresso una nutrita serie di osservazioni sul decreto correttivo del Codice della crisi approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 10 giugno scorso. Lo riferisce il Sole 24 Ore precisando che l’organo giurisdizionale, nel suo parere al ministero della Giustizia, si è occupato anche delle norme che modificano il trattamento dei debiti tributari nell’accordo di ristrutturazione e nel concordato preventivo in continuità, in merito alle quali ha rilevato criticità da superare.

Con riguardo alla transazione fiscale attuata nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione il Consiglio di Stato ritiene opportuno «che la relazione illustrativa sia integrata con riferimento alle valutazioni in base alle quali è stato previsto, con il comma 5 dell’articolo 63 del Codice, l’innalzamento dal 40 al 70% della percentuale di soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali ai fini del cosiddetto cram down fiscale», una ristrutturazione del passivo attuata mediante l’omologazione forzata della proposta di soddisfacimento dei creditori. Evidentemente ritenendo – spiega il giornale – che tale innalzamento sia privo di adeguata giustificazione. L’esperienza insegna che all’elevazione di una soglia legale di soddisfacimento del debito non corrisponde affatto un incremento automatico del pagamento offerto dal debitore ai creditori, perché le imprese che si trovano in una situazione di crisi dispongono di risorse finanziarie limitate da destinare al pagamento dei debiti (anche quando interviene un investitore esterno). Conseguentemente, se nell’ambito dell’Adr l’omologazione forzosa risulta troppo onerosa, il debitore è indotto a perseguire il risanamento mediante un diverso istituto in cui le soglie non siano previste (ad esempio il concordato in continuità). Soglie troppo elevate possono pertanto produrre un effetto opposto a quello desiderato e, per questo motivo, sarebbe preferibile conservare quelle del 30 e del 40% attualmente vigenti, introdotte con il decreto legge 69/2023.

L’altra osservazione del Consiglio di Stato riguarda il comma 4 dell’articolo 88, il quale stabilisce che il tribunale omologa il concordato preventivo in continuità aziendale anche in mancanza di adesione delle agenzie fiscali e degli enti previdenziali, se il soddisfacimento di questi creditori risulta non deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria.