La valutazione d’azienda in crisi richiede di adattare i modelli tradizionali al profilo di rischio dell’impresa. Lo sottolinea una guida operativa dell’Ordine nazionale dei commercialisti (Cndcec), di cui riferisce Italia Oggi. Non si tratta di introdurre nuovi principi, ma di adattare quelli esistenti a incertezza informativa, discontinuità gestionale e obiettivi di risanamento.
La guida «Valutazione aziende in crisi: criticità e spunti di riflessione» affronta le problematiche valutative di imprese in difficoltà, fornendo strumenti per declinare i metodi esistenti, con attenzione al rischio di esecuzione, alla qualità del piano e alla base informativa.
Le aziende in crisi si distinguono per l’assenza di performance storiche affidabili e per l’elevato rischio operativo e finanziario. La valutazione deve ricostruire le cause della crisi e la loro incidenza sull’impresa, in coerenza con l’analisi SGS (strategico, gestionale, strutturale) proposta dall’Organismo Indipendente di Valutazione (Oiv).
L’obiettivo è stimare un valore «atteso» e rappresentare il rapporto tra valore prospettico e rischio di insuccesso. Un approccio probabilistico considera scenari alternativi – continuità, liquidazione ordinata o forzata – per derivare un valore finale come media ponderata. Questo modello rafforza la coerenza tra analisi del rischio e sintesi valutativa, favorendo una rappresentazione trasparente del percorso di risanamento e delle sue fragilità.
Tra le configurazioni ammesse, la guida include anche il reorganization value (impresa ristrutturata) e il quick sale value (liquidazione accelerata). La scelta della configurazione dipende dalla finalità della valutazione – risanamento, accordi con i creditori, operazioni straordinarie o liquidazione – e influenza ogni fase, dalla previsione dei flussi alla determinazione del tasso di attualizzazione.
L’attendibilità della base informativa è cruciale nella valutazione di imprese in crisi. In assenza di dati storici significativi e in presenza di discontinuità, il professionista deve verificare la coerenza logica e la sostenibilità delle assunzioni prospettiche. La guida sottolinea l’importanza di un’adeguata due diligence, anche contabile, per valutare la qualità delle informazioni alla base del piano.
Il ruolo dell’attestatore è fondamentale per rafforzare l’affidabilità del piano e mitigare il rischio informativo. Il professionista non si limita all’applicazione di formule, ma esercita giudizio, analizza ipotesi e valuta la solidità del piano. Anche in contesti di discontinuità, la valutazione deve restare ancorata ai Principi italiani di valutazione, con la flessibilità necessaria per adattarsi a situazioni incerte.