In aprile, i crediti deteriorati netti sono scesi complessivamente a 31,1 miliardi dai 31,3 di dicembre 2024. Lo rileva il Bollettino mensile dell’Abi diffuso il 16 giugno 2025. L’incidenza sul totale dei prestiti – fa presente il report – si mantiene all’1,5%, contro l’1,51% di dicembre 2024 e il picco del 9,8% di dicembre 2015.
Nel complesso, a maggio 2025 l’ammontare dei prestiti a imprese e famiglie è rimasto sostanzialmente stabile rispetto a un anno prima (+0,3% nel mese precedente). Ad aprile 2025, i prestiti alle imprese erano diminuiti dello 0,8%, mentre quelli alle famiglie erano cresciuti dell’1,3%.
I dati dell’Abi sono sostanzialmente coerenti con quelli contenuti nel Bollettino della Banca d’Italia, secondo cui in maggio i prestiti alle società non finanziarie hanno continuato a contrarsi su base annua, sebbene in misura significativamente più contenuta rispetto a febbraio (-1,4%, da -2,1). La flessione resta più rilevante per le imprese più piccole (-8,7%, a fronte di -0,9% per le società di maggiore dimensione), nei settori della manifattura e delle costruzioni.
La contrazione riflette la riduzione dei prestiti con scadenze più lunghe, che ha più che compensato l’aumento dei prestiti a breve e medio termine. In particolare, le imprese esportatrici, maggiormente esposte all’imprevedibilità delle politiche commerciali, hanno aumentato la propria domanda di credito a breve termine, mentre hanno ridotto quella di finanziamenti con orizzonte più esteso, «posticipando presumibilmente gli investimenti in attesa di una riduzione dell’incertezza».
Tra febbraio e maggio, i finanziamenti alle famiglie hanno accelerato (1,5%, da 0,7), riflettendo il miglioramento della dinamica dei mutui; la crescita del credito al consumo è proseguita a un ritmo costante.
Una diversa lettura delle dinamiche creditizie è stata offerta dal Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervenuto all’assemblea dell’Abi. «Interpretazione prevalente – ha spiegato – che siano le imprese a chiedere minore credito, ma non escluderei che restrizioni esistano anche dal lato dell’offerta», tenuto anche conto che dal 2011 i crediti alle imprese si sono ridotti di circa un terzo. La conclusione: «le banche devono tornare a fare il loro mestiere, supportando maggiormente la crescita dell’economia reale».