I crediti deteriorati stanno scomparendo? Luci e ombre di uno scenario che sta cambiando

Le speranze di rilancio del settore NPL sono ora riposte nel recente accordo per l'acquisto Prelios da parte di ION

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Le società di recupero degli NPL che hanno prosperato all’indomani della crisi del debito sovrano della zona euro, stanno ripensando i loro modelli di business. Accade poiché il Covid, la crisi energetica e i tassi di interesse elevati da due decenni non sono stati in grado di scatenare una nuova ondata di default e di inadempienze sui prestiti. Attenuati, i default, dal mare di denaro pubblico che si è riversato sulle imprese per affrontare la pandemia, prima, e la crisi energetica successivamente. A fare il punto della situazione NPE in Italia è Reuters, in una propria analisi finanziaria che affronta il fenomeno della riduzione dei crediti deteriorati e della riconversione di alcuni operatori del settore.

Per sei trimestri di seguito – sottolinea l’analisi – i prestiti in sofferenza (NPL) hanno costituito l’1,8% del totale dei prestiti bancari in Europa. Ma ora le banche del Sud Europa hanno completato le operazioni di risanamento che alimentavano i crediti deteriorati e attiravano società di investimento estere (Apollo, Cerberus, PIMCO, Elliott e Lone Star). Le misure di sostegno del governo hanno contribuito ad aiutare imprese e famiglie. L’Italia è stato il più grande mercato di NPL europeo. Le vendite lo scorso anno sono state pari a 31 miliardi di euro (34 miliardi di dollari), un terzo del picco del 2018. Allora, praticamente tutte le cessioni provenivano dalle banche, mentre più della metà del totale nel 2023 erano rivendite.

Ora però le azioni della svedese Intrum – il più grande debt collector d’Europa – e l’italiana doValue hanno toccato minimi record, mentre gli investitori valutano se gli sforzi per ristrutturare le loro attività possano davvero funzionare. Secondo Francesco Cataldo, direttore della società di consulenza PwC Strategy& di Milano “Molti attori stanno attraversando una metamorfosi. Mantenere in attività i gestori dei prestiti è importante perché possono dare nuova vita agli asset, aziende o proprietà, che sono vincolati a procedure di insolvenza o ristrutturazione, aiutando la crescita economica”.

Le autorità italiane sono preoccupate per i problemi del settore NPL, fondamentale per i miliardi di euro di prestiti erogati dalle banche. “Sebbene i nuovi afflussi di NPL siano bassi – ha aggiunto Cataldo – non dobbiamo dimenticare che solo in Italia circa 250 miliardi di euro di sofferenze sono ancora in circolazione. Dietro questi prestiti ci sono imprese e famiglie con problemi finanziari irrisolti”.

I flussi di sofferenze sono in calo

Molte società – evidenzia Reuters – non solo hanno smesso di acquistare nuovi crediti deteriorati ora che i costi del debito lo rendono economicamente non sostenibile, ma stanno anche perdendo beni acquistati in passato. Intrum, ad esempio, le cui azioni sono scese del 78% quest’anno, a gennaio ha venduto un portafoglio di 33 miliardi di euro a Cerberus, mantenendo la gestione dei prestiti e utilizzando la liquidità per tagliare il suo debito recentemente declassato. Sta cercando di migliorare la sua posizione debitoria. Anche Mediobanca ad ottobre ha abbandonato l’attività di investimento in NPL e ha venduto il suo ramo che deteneva 6,5 miliardi di euro di crediti inesigibili.

Il modello di “capital light” di Intrum è stato abbracciato ora anche dal gestore statale di NPL AMCO, il quale nel presentare la sua nuova strategia triennale, ha chiarito che ridurrà i prestiti in gestione e azzererà il suo debito finanziario.“Le banche hanno livelli minimi di NPL e riserve di capitale elevate”, ha affermato AMCO, sottolineando la crescente concorrenza nel settore, con le aziende costrette ad adeguarsi alle nuove norme dell’Unione Europea entro la metà del 2024. I portafogli ‘sani’ di prestiti delle banche minacciano anche le società che non hanno mai investito in NPL, basandosi invece su contratti con istituti di credito che esternalizzano il recupero crediti. Man mano che scadono, tali contratti pluriennali potrebbero non essere rinnovati. Si prevede che anche doValue, sostenuta dal gruppo giapponese SoftBank e legata ad UniCredit con un contratto fino al 2025, stia studiando fonti alternative.

Le fusioni – prosegue l’analisi – offrono alle società di gestori di NPL un’occasione per ridurre la concorrenza e aumentare le proprie dimensioni. Tuttavia le scarse performance delle società quotate in crediti inesigibili le rende poco attraenti. Le speranze di un rilancio delle fusioni e acquisizioni sono ora riposte nell’acquisizione da 1,3 miliardi di euro da parte del gruppo fintech ION del gestore italiano dei prestiti Prelios dall’hedge fund statunitense Davidson Kempner. Con un valore pari a circa nove volte il suo utile principale, Prelios potrebbe costituire un punto di riferimento per le operazioni future. Questo mese ION ha ottenuto l’autorizzazione del governo per acquistare Prelios e ora necessita dell’approvazione della banca centrale. Si prevede poi la fusione di Prelios con Cerved, altra azienda NPL acquisita nel 2021.