Il codice della crisi non è fatto a misura delle startup innovative. Invece di sostenere la crescita delle nuove imprese tecnologiche, le sue norme rischiano piuttosto di soffocarle. È quanto sostengono l’economista Nicola Rossi e Renato Giallombardo, managing partner sede romana di Fivers (studio legale tributario), in un articolo scritto per Il Foglio.
Il sistema di allerta precoce, costruito con la nuova normativa, mal si concilia con imprese che, al momento della nascita e fino alla stabilizzazione del loro sviluppo, sono caratterizzate da una situazione di stress finanziario, preoccupate più a crescere che a chiudere in attivo i propri bilanci.
Il codice impone anche alle startup di darsi «assetti organizzativi adeguati» per rilevare tempestivamente i segnali di crisi, ma questo, per i due articolisti, «significa cambiarne la natura, frenarne lo slancio e imporre loro di dirottare risorse verso finalità che non sono la crescita. Come spesso accade in Italia, al timore degli abusi abbiamo preferito l’immobilità».
Non sarebbe poi così difficile – prosegue l’articolo – «immaginare di personalizzare il codice per le startup in maniera da riconoscerne la diversa natura. Ma è inutile girarci intorno: l’attuale normativa rischia – è un eufemismo – di raffreddare l’entusiasmo imprenditoriale, introducendo elementi di rischio legale e burocratico in un ambito che ha bisogno di agilità e sperimentazione».
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