Il concorso dei creditori tra sostenibilità e ESG

Con l’ingresso dei nuovi obblighi volti a realizzare la sostenibilità sociale e ambientale dell’impresa, nuovi e significativi oneri possono gravare sui creditori

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Bruno Inzitari, docente all'Università Milano Bicocca

La progressiva affermazione e riconoscimento dei principi della sostenibilità e della responsabilità sociale dell’impresa sul piano normativo dell’Unione europea e dell’ordinamento italiano, impone una riflessione sulla possibile proiezione di questi principi sull’impresa in crisi ed insolvente.

A differenza della abrogata disciplina della legge fallimentare del 17 luglio 1942, la disciplina delle procedure concorsuali nel rinnovato testo del Codice della Crisi così come modificato dal Decreto Insolvency del 2022, risulta potenzialmente suscettibile di confrontarsi con gli obiettivi volti ad includere i temi della sostenibilità nei processi gestionali delle società appartenenti ai vari settori dell’economia, al fine di ridurre gli impatti negativi sui diritti sociali e sull’ambiente. Anche la fase di crisi ed insolvenza dell’impresa richiede l’osservanza di tali doveri, particolarmente quando le misure di regolazione della crisi trovano attuazione in un quadro di continuità aziendale. Infatti, se pure queste fossero indirizzate alla sola conservazione e riallocazione dei valori produttivi, l’attuazione di tali misure comporterebbe comunque l’esercizio dell’impresa. Il perseguimento e l’attuazione di questi obiettivi comporta una responsabilizzazione di tutti coloro che operano nel governo societario e di gestione. Essi devono tenere conto dell’esigenza di volgere l’attività di impresa alla transizione verso un’economia sostenibile e conseguentemente hanno il dovere di valutare i rischi connessi all’attività della società stessa.

Tutto questo si traduce in una accresciuta dimensione degli obblighi di diligenza di cui all’art. 1176 c.c. Il rispetto dei doveri di sostenibilità comporta necessariamente una integrazione della diligenza professionale. Questa, piuttosto che secondo la generale ma anche imprecisa formula secondo la quale rappresenta un livello più elevato di diligenza, va intesa come dovere all’osservanza delle regole tecniche proprie della professione o comunque dei compiti professionali che ricadono sul debitore dal momento in cui ha assunto una obbligazione che esige la conoscenza, il rispetto e l’applicazione di specifiche regole tecniche.

L’avvento dei principi e dei doveri ESG comporta l’inserimento tra le regole tecniche da osservare, perché l’attività di governo e gestione dell’impresa sia conforme alla diligenza professionale richiesta, oltrechè delle consuete regole del governo dell’impresa, anche di quelle relative alla valutazione degli effetti delle scelte gestionali sui diritti umani, sul cambiamento climatico e sull’ambiente, la cui omissione o inosservanza configurerebbe inadempimento ai doveri di corretta gestione cui gli amministratori sono tenuti.

Secondo quanto previsto negli artt. 87, comma 1, lett. f), per il concordato in continuità e dall’art. 64, bis, che per il Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione fa espresso rinvio al citato art. 87, comma 1, il debitore, nel determinare il contenuto del piano di concordato, non solo deve indicare i diversi elementi dai quali gli organi della procedura ed i creditori possono trarre elementi di valutazione della fattibilità ed affidabilità del piano ma per la prima volta, richiede ove sia prevista la prosecuzione dell’attività d’impresa in forma diretta, l’analitica individuazione dei costi e dei ricavi attesi, del fabbisogno finanziario e delle relative modalità di copertura tenendo conto anche dei costi necessari per assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e di tutela dell’ambiente, art. 82, comma 1, lett. f.

Con questa previsione, non solo è avvenuto il riconoscimento espresso di interessi diversi rispetto all’interesse dei creditori al soddisfacimento dei crediti di cui questi sono portatori ma è stato specificamente prescritto il percorso attraverso il quale questi nuovi interessi possono essere rispettati ed attuati. Tali interessi e finalità debbono infatti essere “spesati” nel piano con analitica individuazione dei costi necessari per assicurare il rispetto della normativa sulla sicurezza del lavoro e di tutela dell’ambiente, obiettivi ai quali, entro limiti di ragionevole sostenibilità, può essere anche aggiunto quello di preservare i posti di lavoro nella misura possibile, come previsto dall’art. 84, comma 2 nel determinare le finalità del concordato in continuità.

Con l’ingresso dei nuovi obblighi volti a realizzare la sostenibilità sociale e ambientale dell’impresa, nuovi e significativi oneri potranno gravare sui creditori.

Irragionevole risulterebbe un’ulteriore traslazione degli oneri connessi al rispetto e all’attuazione di doveri di sostenibilità sociale e ambientale sui creditori chirografari. Se così fosse si configurerebbero profili di possibile violazione del principio di uguaglianza nel concorso dei creditori e di violazione degli art. 9 e 41 della Costituzione, così come modificati dalla legge costituzionale del 11 febbraio 2022 numero 1, che hanno introdotto la tutela dell’ambiente, della biodiversità degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni, i cui costi, anche per il principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione non possono ricadere esclusivamente sui creditori chirografari.

Gli oneri conseguenti alla previsione di misure volte al rispetto della sostenibilità sociale e ambientale non potranno che essere addossate anche ai crediti che risultano assistiti da una causa di prelazione, ad eccezione dei crediti di lavoro, cui è riconosciuto una tutela assoluta ed inderogabile. La nuova articolazione degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza consente, almeno per quanto concerne il valore eccedente quello di liquidazione, di incidere sul trattamento dei creditori prelatizi, come pure sulla graduazione, in attuazione e nel rispetto dei principi la relative priority rule.

Questo potrebbe consentire, di addossare anche ai creditori prelatizi e privilegiati gli oneri conseguenti all’attuazione della sostenibilità sociale ed ambientale, sulla base della considerazione che il rispetto e l’attuazione di questi principi costituisce una nuova inderogabile regola dell’iniziativa economica e dell’esercizio dell’impresa, che si accompagna anche alla fase dell’esercizio dell’impresa nella fase di crisi, di cui la regolazione della crisi e dell’insolvenza è parte imprescindibile.

Anche laddove la soluzione all’insolvenza si realizzi esclusivamente attraverso la liquidazione, tali oneri potrebbero comunque essere addossati a tutti i creditori compresi i creditori prelatizi e privilegiati, se fossero trattati al pari delle spese di procedura, per le quali devono concorrere secondo regole di proporzionalità anche i creditori prelatizi, intendendo gli oneri per le misure ESG, quale oneri che comunque si accompagnano anche a quel segmento di attività economica consistente nella liquidazione dei beni a favore di tutti i creditori non solo chirografari ma anche prelatizi e privilegiati.

Nella liquidazione si realizza infatti la destinazione di beni e di valori dell’impresa nel mercato, affinché da questi siano tratte nuove utilità mediante il riutilizzo o in qualsiasi altra forma. Si tratta, quindi, sempre di un’attività di gestione e di sfruttamento economico e produttivo, suscettibile di essere onerato anch’esso degli obblighi di sostenibilità sociale e ambientale, secondo i criteri ESG.