La Federal Reserve ha rimosso il «rischio reputazionale» dall’esame degli istituti bancari, eliminando così un parametro che era stato oggetto di numerose critiche da parte del settore. In un comunicato ufficiale, la Fed ha dichiarato di aver tolto ogni riferimento a questo rischio dai propri manuali di supervisione e da altri documenti, invitando gli ispettori a concentrarsi esclusivamente su rischi finanziari specifici. Il rischio reputazionale era stato precedentemente definito dalla Fed come «la possibilità che una pubblicità negativa potesse danneggiare l’attività di una banca o portare a costosi contenziosi».
Con questa decisione – riferisce Reuters – la Fed si è allineata ad altri regolatori bancari statunitensi (l’Office of the Comptroller of the Currency e la Federal Deposit Insurance Corporation), che hanno già scelto di abbandonare questo criterio di valutazione. Le banche avevano lamentato che il monitoraggio di tale rischio poteva portare gli ispettori a penalizzare gli istituti per questioni legali e prive di rischi finanziari, ma suscettibili di valutazioni soggettive da parte dei supervisori circa l’adeguatezza delle attività bancarie.
La Fed ha precisato nel suo comunicato che si aspetta comunque che le banche mantengano una solida gestione del rischio. Ha inoltre sottolineato che questa decisione non impedisce agli istituti di considerare autonomamente il rischio reputazionale nelle proprie scelte operative.
Il rischio reputazionale – ha sottolineato in un commento American Banker – è stato concepito come un mezzo per monitorare se le banche siano coinvolte o associate ad attività che potrebbero compromettere la loro reputazione agli occhi dei depositanti. Tuttavia, negli ultimi mesi i critici hanno sostenuto che la pratica sia «diventata discriminatoria e abbia spinto le banche a negare servizi ai clienti in alcuni settori sfavorevoli ma legali, come il settore delle criptovalute – un fenomeno noto come “debanking”».
Non è dunque un caso che i commenti più favorevoli alla decisione della Fed siano venuti dalla comunità crypto. Durante l’era Biden – ha ricordato AMB Crypto – le banche avevano impedito alla maggior parte degli utenti di criptovalute e degli studi legali di accedere al sistema finanziario, una mossa comunemente nota come «Operazione ChokePoint».
Tuttavia, sotto l’amministrazione Trump, diverse linee guida percepite come anti-cripto sono state successivamente revocate. Alcuni giganti del credito che in precedenza attendevano chiarezza normativa, come JPMorgan e Bank of America, hanno rivelato l’intenzione di entrare nel settore delle stablecoin.
Inoltre, il responsabile del settore immobiliare statunitense, Bill Pulte, ha recentemente dichiarato di stare valutando l’utilizzo di criptovalute per i requisiti di accesso ai mutui: «Studieremo l’utilizzo delle criptovalute in relazione alla qualificazione per i mutui». All’inizio di giugno, JPMorgan ha anche annunciato l’intenzione di utilizzare gli ETF Bitcoin come garanzia, consolidando ulteriormente il crescente supporto per le criptovalute da parte della finanza tradizionale.