La guerra dei dazi si sta allargando al mondo delle regole. Il neo presidente della SEC Paul S. Atkins – una delle prime nomine fatte da Donald Trump, nel dicembre 2024, dopo essere tornato alla presidenza Usa – ha partecipato il 10 settembre scorso a Parigi alla Tavola Rotonda dell’OCSE sui Mercati Finanziari Globali. E, per così dire, non le ha mandate a dire (anche con una successiva intervista al Financial Times).
Il presidente della SEC ha innanzitutto minacciato di rimuovere l’esonero a dover riconciliare i bilanci nei principi contabili americani (US GAAP) per le società straniere presenti nei mercati dei capitali statunitensi e che utilizzano gli standard internazionali IFRS. Il motivo? La forte contrarietà americana al set di standard contabili sulla sostenibilità che l’organismo internazionale sta redigendo. La IFRS Foundation – ha detto a FT – “deve promuovere standard contabili di alta qualità che si concentrino esclusivamente sulla promozione di un reporting finanziario affidabile e non vengano utilizzati come una via di fuga per raggiungere obiettivi politici o sociali”. Come, secondo Atkins, sono le questioni sulla sostenibilità, invise all’America di Trump. Se gli USA passeranno dalle parole ai fatti, aumenteranno i costi delle società straniere che si quotano a New York a meno che i loro regulator chinino il capo. Come se non bastasse, Atkins ha larvatamente minacciato di togliere il finanziamento Usa alla stessa IFRS Foundation.
Il tema delle regole contabili è ancora più complicato per l’Europa che sta redigendo propri standard di sostenibilità più pervasivi di quelli internazionali. In particolare, il set di regole redatte dall’Efrag (organismo contabile continentale) su incarico della Commissione di Bruxelles impone alle società europee di esplicitare nei bilanci una “doppia materialità” in aggiunta alla “materialità finanziaria” (i dati dell’impresa rilevanti per gli investitori). Con questa regola si vorrebbe quantificare gli effetti che le imprese hanno sul mondo esterno e sul clima. Ma è un target che si sta rivelando più complicato della ricerca Sacro Graal e che già in Europa è oggetto di critiche. Inutile dire che Atkins si è schierato anche su questo. L’Europa – ha detto – “dovrebbe concentrarsi sulla riduzione degli oneri di rendicontazione non necessari per gli emittenti, piuttosto che perseguire obiettivi estranei al successo economico delle aziende e al benessere dei loro azionisti”.
Il presidente della Sec, nel suo intervento all’OCSE, ha anche ribadito i capisaldi della nuova politica Usa in tema di cripto valute e cripto asset che si potrebbe riassumere con la formula: “innovare e fare soldi”. Il suo linguaggio è stato brutale. “Il nostro obiettivo è semplice: dare il via a un’epoca d’oro dell’innovazione finanziaria sul suolo statunitense. Che si tratti di registri azionari tokenizzati o di classi di attività completamente nuove, vogliamo che si compiano progressi nei mercati americani , sotto la supervisione americana, a beneficio degli investitori americani”. Il presidente della Sec si è rivolto ai regulator europei definendoli “alleati” ma in realtà sembra piuttosto considerarli sudditi.
La direzione di marcia del nuovo establishment Usa potrebbe avere effetti dirompenti sui mercati finanziari internazionali. È l’area del mondo più fortemente interconnessa e globalizzata frutto di regole sedimentate nel corso degli ultimi decenni. Grandi organismi internazionali hanno contribuito all’opera di progressiva armonizzazione ed ora si trovano sotto scacco. Tra questi c’è lo Iosco (l’organizzazione delle Consob mondiali), il Financial Stability Board (nato con la crisi dei mercati finanziari del 2008 e presieduto da Mario Draghi), l’IFRS Foundation e lo stesso Ocse. Anche quest’ultimo, in fondo, è a rischio della furia Usa visto che nei suoi principi di governance globale è inclusa anche la sostenibilità.
Se l’America di Trump parte a testa bassa contro questi organismi il rischio è quello di arrivare a una frammentazione dei mercati finanziari con effetti dirompenti per l’economia mondiale. Va anche detto che la determinazione statunitense è anche il frutto di debolezze altrui. Soprattutto in Europa. Come non considerare, ad esempio, l’eccessiva prudenza con cui i regolatori comunitari hanno sempre considerato l’innovazione finanziaria, anche in tema di crypto asset. Ed anche la decisione di Bruxelles di introdurre propri standard contabili sulla sostenibilità, discostandosi per la prima volta dai principi IFRS, ha introdotto un vulnus alla regolamentazione internazionale che ora l’amministrazione Usa, partendo da sponde opposte, sta cavalcando.