Magazzino dei crediti dello Stato: anche i privati nella partita della riscossione

Secondo le conclusioni della Commissione Benedetti, una quota delle somme dovute dai contribuenti potrebbe essere affidata ai credit servicer. Positive le esperienze di partnership realizzate in questi anni dagli enti locali

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coinvolti. Questa è una delle opzioni previste dalla Commissione ministeriale di esperti, presieduta dall’ex magistrato della Corte dei Conti, Roberto Benedetti, che il 16 settembre scorso ha diffuso le sue conclusioni a nove mesi dal suo insediamento. Sul tema del magazzino dei crediti dello Stato si attendevano i risultati dell’indagine conoscitiva in corso al Senato, promossa all’inizio dell’anno dalla Commissione Finanze, presieduta da Massimo Garavaglia (Lega), insieme alla discussione del provvedimento cosiddetto «di rottamazione quinquies». Tuttavia, gli esperti nominati dal MEF hanno raggiunto per primi il traguardo, consegnando al ministro Giancarlo Giorgetti una dettagliata relazione di 39 pagine, ricca di tabelle, numeri e proposte operative.

Un popolo di poeti, artisti, navigatori… e debitori!

A gennaio scorso, il magazzino dei crediti vantati dallo Stato ammontava a ben 1.273 miliardi, generati nel periodo 2000-2024. A questa cifra si arriva detraendo dall’importo totale dei crediti accumulati nel periodo (1.875 miliardi) quanto, nel frattempo, è stato recuperato (181 miliardi) e i crediti annullati per provvedimenti legislativi o perché le pretese del fisco sono state riconosciute indebite (421 miliardi). Debbono soldi al fisco 21,8 milioni di connazionali che, negli anni, hanno ricevuto complessivamente la bella cifra di 173 milioni di cartelle esattoriali. Ogni anno c’è un esercito di 10 milioni di contribuenti che riceve cartelle esattoriali e, di questi, ben il 77% sono recidivi. Se l’84% degli addebiti è relativo a persone fisiche, è nelle società giuridiche che si concentra buona parte del «magazzino» (64,4% del totale).

Una macchina che non funziona

La gran parte del magazzino dei crediti risulta affidata all’Agenzia delle Entrate e della Riscossione (ADER), pari al 78,9%. Seguono gli enti previdenziali (11,4%) e gli enti locali (3,3%). La performance del sistema della riscossione non sembra essere irresistibile. Si distingue in negativo l’Agenzia delle Entrate che, al netto dei provvedimenti normativi di stralcio, ha incassato appena il 7,9% delle somme che le sono state affidate. L’ADER è una fabbrica d’ingiunzioni, avvisi, raccomandate, ma, al dunque, non combina granché.

Nel 2023 – ha segnalato la Commissione nel suo report – ha effettuato appena 81 pignoramenti immobiliari per recuperare crediti vantati dai contribuenti. Si dimostrano più efficienti gli enti previdenziali, che registrano un tasso di recupero, sempre al netto di sgravi e annullamenti, del 26,7% e, soprattutto, gli enti comunali, che hanno recuperato quasi la metà (43,7%) dei crediti accertati.

«Per non parlare – fa presente Michele Thea, Partner di EY – di quanti sono iscritti all’albo dei soggetti privati abilitati a effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi degli enti locali (ex art. 53 D.lgs n. 446), le cui performance sono nettamente superiori».

Che fare?

La Commissione Benedetti propone tre strade per ridurre l’entità del «magazzino»: stralciare le posizioni più vecchie e sostanzialmente inesigibili; affidare una quota della riscossione a credit servicer privati; e migliorare la performance degli organismi pubblici.

Della somma totale dei crediti in essere (1.273 miliardi), 338 miliardi sono considerati giuridicamente inesigibili, sia perché il debitore è deceduto senza eredi, sia perché la società è stata cancellata dal registro delle imprese senza evidenza di eventuali coobbligati, oppure perché si tratta di crediti relativi a soggetti con procedura concorsuale chiusa o di crediti prescritti. In questo caso, la proposta della Commissione è di cancellarli direttamente.

Poi ci sono crediti «con remote possibilità di riscossione» perché valutati come inesigibili dall’agente della riscossione, in quanto riferiti a soggetti nullatenenti. In questo caso, lo smobilizzo dovrebbe riguardare 70 miliardi di crediti relativi al periodo 2000-2010. L’intero ammontare, pari complessivamente a 408 miliardi, dovrebbe essere riconsegnato agli enti creditori – stabilisce la riforma della riscossione – i quali potrebbero gestirli in proprio oppure affidarli a privati.

È un’evoluzione alla quale guarda con interesse l’industria dei credit servicer. «Negli ultimi anni, a partire dal 2015 – osserva Mirko Briozzo, Country Manager Italia di doValue, uno dei colossi del settore – si è sviluppato in Italia un settore del credit management molto avanzato, con operatori di grandi dimensioni, strutturati e dotati di strumenti tecnologici in continuo sviluppo. Queste capacità potrebbero essere molto utilmente messe a disposizione dello Stato per efficientare il recupero dei crediti erariali, con impatti che velocemente potrebbero essere molto significativi in termini di recupero addizionale per anno».

Secondo la Commissione Benedetti, l’intervento dei privati potrebbe riguardare «tutti i crediti esistenti, ma con remote prospettive di riscossione affidate anche in anni successivi al 2010 (pari a circa 200 miliardi di euro), nonché i crediti con aspettative di riscossione meno recenti (quelli affidati fino al 2017 ammontano a 344 miliardi)».

Sul punto, l’industria si dichiara disponibile, ma non manca d’indicare le sue preferenze. «L’apporto dei servicer privati – fa presente ancora Briozzo – potrebbe avere un impatto rilevante sostanzialmente su tutti i cluster di crediti erariali, anche se ritengo che i grandi operatori di credit management potrebbero dare un apporto particolarmente significativo sulle posizioni generate negli anni più recenti e di dimensione medio-grande, tipicamente corporate ancora in operatività – cioè proprio quella categoria di controparti oggetto di più significativa lavorazione nel settore bancario negli ultimi 10 anni».

Sulla strada dei privati, nella gestione di una parte del «magazzino», la Commissione Benedetti ha individuato un ostacolo da superare. C’è infatti il rischio che la manovra comporti «significativi impatti sul debito pubblico» qualora, ad esempio, fosse previsto un pagamento anticipato ai servicer sui futuri incassi.

Pertanto – suggerisce la relazione – «sarebbe opportuno richiedere, una volta individuato il meccanismo da parte del legislatore, uno specifico parere ex ante alle competenti autorità statistiche» (Eurostat).

Per Thea, tuttavia, quell’ostacolo è facilmente eludibile.«La soluzione potrebbe essere molto semplice, senza andare a richiedere pareri o pensare a pagamenti anticipati ai servicer. Il meccanismo, nonché le regole operative delle società iscritte all’albo, possono essere applicati anche ai tributi nazionali. Tra le società di tale albo ci sono operatori molto attrezzati e con capacità d’investimento anche per aumentare dimensioni e attività. Peraltro, in quanto concessionari, hanno poteri di accertamento e di recupero che i servicer non avrebbero. Basterebbe, pertanto, consentire ai gestori dell’accertamento e della riscossione dei tributi locali di poter operare anche su quelli nazionali»

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