Il cda del Monte dei Paschi deciderà oggi se ritoccare all’insù l’Ops lanciata su Mediobanca, allineandola alle aspettative del mercato. L’offerta di scambio prevede attualmente un concambio di 2,533 azioni Mps per ogni Mediobanca ma, sulle basi delle attuali quotazioni tra i due titoli, è a sconto del 4%, pari a 700 milioni. Il rilancio – scrive «Repubblica» – se ci sarà, sarà con ogni probabilità in contanti da aggiungere allo scambio azionario, come è successo anche all’Ops di Bper su Popolare di Sondrio.
L’offerta di contanti potrebbe sollevare obiezioni. Mps è ancora convalescente dopo aver rischiato il fallimento, evitato nel 2017 grazie a una provvidenziale ricapitalizzazione da parte dello Stato per ben 5,4 miliardi. Forse i contribuenti potrebbero non gradire il fatto che i loro soldi, giustificati dalla necessità del salvataggio, siano ora impiegati per acquisizioni così impegnative.
Il cda della banca guidata da Luigi Lovaglio dovrà comunque valutare la convenienza di un rilancio per renderlo più attraente agli investitori istituzionali, che pesano per circa il 35% del capitale di Piazzetta Cuccia, e ai privati che non hanno già venduto le loro azioni sul mercato, aderendo all’offerta. Ma è una valutazione – osserva ancora il quotidiano – che non mette in dubbio il successo dell’Ops, in quanto la soglia minima del 35%, essendo le adesioni già arrivate al 28,7% del capitale, è ormai a portata di mano.
I due soci forti di Mediobanca, cioè Delfin (la finanziaria della famiglia Del Vecchio) e Francesco Gaetano Caltagirone – divenuti recentemente grandi azionisti di Mps – hanno già consegnato i loro pacchetti di azioni, e c’è un’alta probabilità che un altro 5,5% in possesso delle casse di previdenza Enpam, Enasarco e Forense venga consegnato all’Ops.
La coppia Delfin-Caltagirone deve aver giudicato comunque conveniente l’attuale concambio, presumibilmente per l’opportunità di conseguire con l’operazione il controllo indiretto di Generali, in virtù della partecipazione del 13% del Leone detenuta da Piazzetta Cuccia.
Quanto agli enti previdenziali, pesa l’influenza del governo, grande sponsor dell’acquisizione, anche se – ben inteso – gli stessi enti dovrebbero giustificare ai propri iscritti il perché di un investimento «a sconto». Le stesse considerazioni valgono per Edizione Holding della famiglia Benetton (detiene il 2,1% di Mediobanca), desiderosa di non inimicarsi il governo da cui dipendono le sue attività in concessione. E infine c’è l’incognita di Unicredit (2%), che ha recentemente investito nel titolo Mediobanca e si è astenuta sul progetto di Ops lanciata da quest’ultima su Banca Generali, bocciato dagli azionisti nella recente assemblea.