Stop agli acconti fiscali: 54 miliardi di liquidità in più per le PMI e meno fallimenti

Uno studio di Unimpresa quantifica gli effetti della possibile misura fiscale. In Francia, Germania e Spagna iniziative analoghe hanno ridotto i fallimenti del 15-20 per cento

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L’eliminazione degli acconti fiscali per le piccole e medie imprese potrebbe liberare fino a 54 miliardi di euro di liquidità, pari a oltre il 3% del PIL, da destinare a investimenti, assunzioni e innovazione. È quanto emerge da una simulazione elaborata da Unimpresa, secondo cui la misura avrebbe effetti immediati sulla crescita e sulla solidità finanziaria delle aziende.

Oggi le PMI versano anticipi d’imposta medi di 5.000 euro per le microimprese, 35.000 per le piccole e 150.000 per le medie. L’abolizione di tali anticipi potrebbe generare un incremento del PIL compreso tra 64 e 81 miliardi di euro (+3-4%), stimolare nuovi investimenti privati per 16-27 miliardi e creare fino a 100.000 posti di lavoro. Secondo Unimpresa, «il risparmio in termini di interessi e costi amministrativi supererebbe 10 miliardi l’anno, riducendo al contempo la dipendenza delle imprese dal credito bancario».

Le esperienze internazionali confermano la bontà dell’intervento: in Germania, dove le piccole imprese pagano le imposte solo sugli incassi effettivi, i fallimenti si sono ridotti del 20%; in Francia, gli acconti ridotti per le aziende con fatturato sotto i 5 milioni hanno fatto crescere gli investimenti in innovazione del 15%; in Spagna, le agevolazioni per le nuove imprese hanno migliorato la liquidità del 30% e ridotto i ritardi nei pagamenti del 25%.

Nel complesso, secondo l’associazione, «l’eliminazione degli acconti fiscali non comporterebbe una perdita di gettito per lo Stato, ma solo uno slittamento temporale delle entrate, capace però di produrre benefici economici di lungo periodo per il sistema produttivo».

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