Il 25 agosto 2025 segna la fine di un’era per China Evergrande Group, una volta il principale sviluppatore immobiliare della Cina: il colosso, gravato da debiti per 300 miliardi di dollari, è stato ufficialmente delistato dalla Borsa di Hong Kong, dove era approdato 14 anni prima sull’onda dell’entusiasmo per le prospettive di crescita degli investimenti immobiliari in Cina. Ora – ha segnalato il New York Times in una lunga analisi – lo scenario è profondamente cambiato.
La crisi di Evergrande era emersa al pubblico nel 2021, quando rallentamenti nelle vendite immobiliari e difficoltà di raccolta fondi, nonché un inasprimento della regolamentazione, mandarono in crisi il gruppo e molti suoi concorrenti gravati da debiti multimiliardari. Nei mesi successivi, la vicenda è stata costellata di tentativi di ristrutturazione, sequestri di beni del fondatore Hui Ka Yan, perdite colossali e indagini giudiziarie.
Tra il 2021 e il 2024, Evergrande ha accumulato perdite record: 476 miliardi di yuan nel 2021, 105,9 miliardi nel 2022 e, nel primo semestre del 2023, altri 33 miliardi. La sospensione delle azioni per 18 mesi ha portato a una perdita del 79% del valore di mercato. Solo negli ultimi 18 mesi i liquidatori hanno venduto 255 milioni di dollari di asset, mentre le richieste dei creditori ammontano a 45 miliardi di dollari.
Le politiche governative per il settore immobiliare hanno evitato un crollo improvviso ma al prezzo di un rallentamento devastante. Non c’è stato lo shock che gli Stati Uniti hanno sperimentato durante la crisi finanziaria del 2008, ma la crisi del mattone incombe sull’economia da cinque anni senza una fine in vista.
Quando Pechino introdusse nel 2020 norme per limitare l’eccessivo indebitamento degli sviluppatori, si innescò una spirale discendente che spinse molte società sull’orlo del baratro. Ma il governo non ha ancora adottato un salvataggio di sistema, preferendo misure come l’allentamento delle restrizioni sugli acquisti e l’incoraggiamento alle banche per concedere più prestiti.
Mentre alcuni grandi costruttori stanno ancora cercando di ristrutturarsi, molti di quelli più piccoli sono falliti. La crisi ha devastato aziende e posti di lavoro in settori collegati, dall’edilizia alla compravendita immobiliare, fino ai servizi collegati come la manutenzione e il giardinaggio. La guerra commerciale ha limitato la capacità della Cina di accelerare le esportazioni, mentre la spesa dei consumatori rimane debole. Al suo apice, il settore immobiliare rappresentava circa il 30% dell’economia cinese.
I dati recenti sono allarmanti: nei primi sette mesi del 2025, il numero di nuove abitazioni in costruzione è diminuito di quasi il 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il numero di case sfitte disponibili per la vendita è più del doppio della media storica.
Gli investitori seguono con attenzione e guardano al settore creditizio che potrebbe subire le conseguenze di queste difficoltà. Un report di S&P Global Market Intelligence segnala che le quattro grandi banche cinesi potrebbero registrare risultati contrastanti nel primo semestre del 2025, poiché i margini sono sotto pressione.
Secondo l’analista Iris Tan di Morningstar, intervistata da Market Intelligence: «Il calo annuo del NIM delle banche si attenuerà significativamente nel secondo trimestre rispetto al primo, poiché i tagli dei tassi sui depositi a maggio hanno superato i tagli dei tassi sui prestiti». E aggiunge: «La sfida più grande per le banche rimane la debole domanda di credito, come dimostra la prima contrazione mensile dei prestiti in yuan a luglio dall’agosto 2005. Il sussidio ai prestiti al consumo e la ripresa del sentiment del mercato azionario dovrebbero stimolare la domanda di credito in una certa misura, ma ciò dipenderà in larga parte dalle politiche pro-consumi e dalle prospettive economiche nella seconda metà dell’anno».