La gestione dei crediti assistiti da garanzia pubblica MCC e SACE rappresenta oggi uno dei nodi strategici più complessi per il sistema bancario italiano. Dalla tavola rotonda «Crediti con garanzia pubblica (MCC e SACE): collaborazione tra garanti e garantiti per l’ottimizzazione della gestione dei crediti», moderata da Patrizio Messina, managing partner Italy di Hogan Lovells, sono emerse posizioni contrapposte che fotografano un mercato in evoluzione, dove la scelta tra cessione e gestione interna dipende da molteplici fattori strategici, organizzativi e di prezzo.
Edoardo Lombella, head of NPE di Banco BPM, ha posto con chiarezza il punto centrale: «Ho una garanzia, è forte, perché devo cedere?» Un approccio che privilegia una logica di asset management attivo, dove la banca analizza e pianifica il recupero dei crediti non performing per evitare di disperdere valore. «Cedere i crediti MCC – ha spiegato – significa spesso perdere più valore rispetto a mantenerli e lavorarli internamente. C’è sostanzialmente un gap di valore del 10% tra il prezzo pagato e quello che la banca può recuperare». Dalla sua prospettiva, l’efficienza del processo di escussione e la qualità delle garanzie rendono la gestione interna la scelta più sensata, almeno per ora.
Secondo Riccardo Marciò, responsabile area NPL di Banco Desio, le motivazioni per valutare una cessione vanno oltre l’aspetto puramente finanziario e toccano tre macroaree: l’organizzazione interna, la gestione del portafoglio deteriorato e la territorialità.
«Abbiamo avuto un raddoppio dal 2019 al 2021 del gross book value delle garanzie, che diventa un triplicamento per numero di posizioni, anche per effetto dei piccoli MCC da 25-30 mila euro», ha spiegato Marciò, sottolineando come ciò abbia messo sotto pressione le strutture delle banche medie.
La cessione di crediti garantiti contribuisce alla riduzione del NPE ratio lordo e all’aumento del coverage del portafoglio residuo. «Un’operazione verso il Medio Credito Centrale consente di ridurre il NPE ratio e, quasi a costo zero, di aumentare il coverage», ha aggiunto Marciò, definendola una scelta strategica più che finanziaria per le less significant. Il tema del prezzo resta centrale: i valori di mercato sono allineati, ma la perdita da attualizzazione deve poggiare su solide motivazioni strategiche. «Se non ho problemi di conto economico, la difficoltà è spiegare al consiglio che è un’operazione strategica e non solo di liquidità anticipata», ha concluso.
Sull’argomento è intervenuto Luigi Izzo, chief business development officer di Hipoges, che ha sottolineato il ruolo cruciale dei servicer nella valorizzazione dei crediti garantiti. «Il supporto di un operatore specializzato può dare un beneficio e massimizzare il valore dei crediti garantiti», ha spiegato, evidenziando come questo valga sia per la gestione interna che per le cessioni. Secondo Izzo, la chiave sta nel carattere di stagionalità di questa tipologia di crediti: «Pensare di creare il modo di affrontare un picco non è quello di creare una struttura di costi fissi che dopo, in assenza del picco, resta lì ferma da gestire con i problemi che poi sono stati gestiti nel passato».
L’esternalizzazione a servicer specializzati permette quindi di gestire i picchi operativi senza appesantire la struttura dei costi fissi della banca. Izzo ha poi affrontato il tema della preparazione delle operazioni di cessione, dove gli strumenti di intelligenza artificiale e analisi automatizzata giocano un ruolo fondamentale. «Il nostro supporto porta alla crescita e alla massimizzazione del valore dei crediti attraverso l’ottimizzazione del perimetro, la verifica del corredo documentale necessario all’attivazione delle garanzie», ha precisato, sottolineando come questo si traduca in una riduzione concreta del rischio.
Daniele Rossi, head of specialty finance di Banca Finint, ha introdotto il concetto di omogeneità gestionale come elemento chiave. «Il vero elemento di rilievo non è tanto ravvisabile nella gestione interna o nella gestione esterna, quanto nella gestione omogenea», ha dichiarato, spiegando come il problema emerga quando uno stesso debitore ha esposizioni garantite cedute ed esposizioni non garantite gestite internamente. Considerando che circa il 25-30% dei finanziamenti alle imprese è assistito da garanzia MCC o SACE, «il problema complessivo è più grande, abbiamo un problema da 20-30 billion», ha precisato Rossi, sottolineando la necessità di coerenza strategica per evitare che la frammentazione comprometta l’efficacia del recupero.
L’analisi ha trovato conferma nelle parole di Alberto Sondri, executive director di Cribis Credit Management, che ha confermato l’analisi portando dati dal loro osservatorio. «Stiamo parlando di un’asset class che insiste su circa il 25% dei nuovi flussi di deteriorato», ha spiegato, evidenziando come i tassi di default siano superiori del 20% rispetto alla media di mercato. Per ridurre il business gap del 10% serve cooperazione nella preparazione del deal e nell’after sale, ha sottolineato Sondri, precisando che «la preparazione del deal consente, con una giusta pianificazione, di ridurre al massimo il rischio di ricicli» quando si propone un’escussione al fondo MCC.
Sul fronte dell’innovazione tecnologica, Andrea Botta, head of financial services per strumenti di garanzia di Rina Prime Credit Asset Management, ha presentato una piattaforma digitale integrata con i portali dei garanti che «permette di monitorare tutte le fasi di gestione di una garanzia, da una fase di prevalutazione a una fase di gestione e monitoraggio», includendo sistemi di controllo scadenziale e integrazione con le business information per garantire il rispetto delle tempistiche previste.
La possibile sinergia tra procedure MCC e composizione negoziata della crisi è stata al centro dell’intervento di Lorenzo Marcello del Maino, associate partner di i-law studio legale. «È possibile una sorta di convivenza pacifica e virtuosa perché le tempistiche di escussione MCC sono coerenti con il tempo della composizione negoziata», ha spiegato, sottolineando però che il debitore non può attendere l’ultimo momento ma deve anticipare le criticità per evitare proposte non deliberabili sin dall’inizio.
Un allarme sugli orientamenti giurisprudenziali è arrivato da Marco Rossi, co-managing partner di RRP Commercialisti e Avvocati Associati e presidente del comitato scientifico Alma Iura, che ha spiegato: «Si è creato un orientamento talebano per cui, se la valutazione del merito creditizio non è stata fatta bene, il finanziamento non solo è nullo ma è illecito e la banca non può recuperare neppure il capitale», citando quasi 700 provvedimenti nelle banche dati.
La sua proposta è chiara: serve un tavolo comune dell’industria, perché questi temi non sono solo giuridici ma riguardano trasversalmente tutto il mercato e necessitano di posizioni condivise per contrastare derive interpretative che rischiano di compromettere l’intero sistema.
Il dibattito si è chiuso con una riflessione corale: la gestione dei crediti garantiti resta un equilibrio delicato tra prudenza e valorizzazione, innovazione e diritto, in cui la cooperazione fra banche, garanti e operatori privati rappresenta la chiave per un mercato più maturo e sostenibile.
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