Crif: a fine 2023 il tasso di default delle imprese italiane schizzerà al 3%. Leisure, alimentare e commercio i settori più colpiti

Il farmaceutico - rivela lo studio - è stato il settore più resiliente negli ultimi 18 mesi senza alcun incremento dei tassi di default

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Il 2022 ha fatto segnare per la prima volta dal 2013 una lieve risalita della rischiosità creditizia delle imprese italiane. A dicembre 2022 il tasso di default per le imprese italiane è infatti cresciuto al 2,4% rispetto al minimo storico del 1,6% registrato a dicembre 2021. Un ulteriore lieve incremento è proseguito anche nel corso del primo semestre 2023, in cui i tassi di default hanno raggiunto il 2,5%. Considerato l’attuale quadro macroeconomico si stima che verso la fine del 2023 i tassi di default delle imprese italiane faranno segnare un ulteriore incremento, sino a raggiungere un livello intorno al 3%. È il quadro che emerge dal Corporate Credit Outlook 2023 di CRIF Ratings. L’analisi sull’andamento della rischiosità delle imprese non finanziarie italiane è stata condotta da CRIF Ratings sulla totalità delle società di capitali italiane.

“Il persistere dell’attuale situazione d’incertezza anche per i prossimi trimestri, con ridotte crescite reali, un’elevata inflazione e tassi d’interesse che permarranno su livelli significativi – commenta Luca D’Amico, ceo di CRIF Ratings – lascia presagire un’accelerazione della progressione dei tassi di default anche nel 2024, la cui magnitudine sarà funzione della velocità con cui si normalizzeranno i principali indicatori macroeconomici, a partire dal tasso di inflazione”.

Tassi di default e settori

I settori profondamente colpiti dalla pandemia, quelli maggiormente esposti alla dinamica dei prezzi delle materie prime e dell’energia e quelli che storicamente hanno fatto maggiormente ricorso all’indebitamento finanziario, stanno già mostrando un incremento degli inadempimenti non trascurabile. In particolare, settori quali quello del Turismo/Tempo libero (Leisure), Alimentare, Trasporti e Logistica e Commercio al dettaglio hanno fatto segnare rispetto a fine 2021 incrementi dei tassi di default nell’ordine di un punto percentuale negli ultimi 18 mesi.

I settori tradizionalmente più resilienti, come ad esempio il farmaceutico e i servizi di consulenza, stanno dimostrando un’ampia stabilità anche sul fronte del trend dei tassi di default. Uno dei comparti storicamente più rischioso come quello delle costruzioni ha sinora riportato un numero di inadempimenti relativamente contenuto, avendo significativamente beneficiato di tutte le misure di
supporto messe in atto nell’ultimo biennio. Tuttavia, anche alla luce del progressivo venir meno di queste misure di supporto, si stima nei prossimi trimestri una crescita del tasso di default in questo comparto potenzialmente più rilevante e repentina rispetto alla media nazionale.

La maggioranza dei settori caratterizzati già da incrementi dei tassi default evidenziano delle metriche creditizie relativamente deboli e peggiori rispetto alla situazione pre-pandemica con conseguente necessità di maggior ricorso all’indebitamente finanziario e pressione sui margini operativi e sulla generazione di cassa. Di conseguenza ciò espone molti settori a un crescente rischio di tensioni finanziarie specie in un quadro di politiche monetarie e creditizie sempre più restrittive. Per esempio, in termini di leva finanziaria il settore leisure registra nel 2021 un valore molto elevato, nell’intorno di 6x, rispetto al dato di circa 3 volte superiore rispetto al 2019. Per il 2023, sebbene per alcuni settori si assista a dinamiche di assestamento, sono attesi ancora degli aumenti generalizzati dei tassi default verso la fine dell’anno che continueranno ancora quantomeno per la prima parte del 2024.

Tassi di default e aree geografiche

Dal punto di vista geografico la rischiosità delle imprese è distribuita in maniera eterogenea con il Sud e le Isole che hanno storicamente i livelli più elevati e infatti i tassi di default sono già in risalita oltre il 3% nel secondo trimestre del 2023. Il nord-est registra i tassi di default più contenuti, stabilmente entro un valore del 2% negli ultimi due anni. Il nord-ovest evidenzia tassi in risalita oltre il 2% nel secondo trimestre del 2023.

Indebitamento creditizio delle imprese

Anche le evidenze derivanti dal Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF (EURISC) confermano come la flessibilità finanziaria in termini di capienza delle linee di credito disponibili rispetto ai fabbisogni finanziari cominci a mostrare segni di pressione in alcuni settori. Guardando ai dati delle aziende che già a dicembre 2022 mostravano sconfinamenti sulle linee di credito concesse, il settore del turismo/tempo già evidenziava una percentuale non trascurabile del 5%, seguito da costruzioni e commercio al dettaglio con percentuali vicine al 4%, a fronte di un dato medio italiano pari al 3%. All’estremo opposto comparti quali quello chimico e farmaceutico mostrano valori dello stesso ratio poco oltre l’1%.

Inoltre, rispetto a un anno fa circa il 12% delle imprese italiane ha incrementato l’uso delle proprie linee di credito oltre il 75%, con picchi intorno al 14% per il settore tessile/abbigliamento, turismo/tempo libero e commercio al dettaglio. Ciò risente sia della ripresa del servizio del debito, specie per i settori che avevano maggiormente fatto ricorso alle moratorie sui debiti in essere, che dal contesto di elevati prezzi energetici e delle materie prime che ha imposto, specie per il settore agricolo e manifatturiero maggiori necessità di finanziare il capitale d’esercizio.

Fonte: uffcio stampa CRIF