La lunga e complessa vicenda del crac di Veneto Banca giunge a una nuova, importante svolta sul piano giudiziario. Secondo quanto riportato dall’agenzia Radiocor, la Corte di Cassazione, con due distinte ordinanze depositate lo scorso 30 agosto, ha respinto i ricorsi presentati da Vincenzo Consoli e Gianfranco Zoppas, entrambi ex amministratori dell’istituto, rendendo definitive le sanzioni pecuniarie inflitte a suo tempo dalla Consob.
Un epilogo che mette un punto fermo a una delle vicende più travagliate del sistema bancario italiano, il cui scioglimento nel 2017 portò all’incorporazione della banca, insieme a Banca Popolare di Vicenza, in Intesa Sanpaolo.
A Consoli, che ricoprì i ruoli di amministratore delegato e direttore generale, era stata comminata una multa di 300mila euro per violazioni al Testo unico della finanza e ai regolamenti, tra cui omissioni nelle procedure di valutazione, irregolarità nei trasferimenti di azioni e nei finanziamenti, oltre a comunicazioni non veritiere sull’aumento di capitale.
Per Zoppas, ex consigliere d’amministrazione, è stata confermata la sanzione di 120mila euro, ridotta in appello dai 140mila iniziali. Le sue responsabilità riguardavano i mancati controlli sui presidi interni e le pratiche di collocamento delle azioni, con particolare riferimento ai finanziamenti concessi ai clienti per l’acquisto dei titoli.
Entrambi gli ex amministratori avevano basato i loro ricorsi sul principio del «favor rei», sostenendo che le sanzioni fossero di natura penale e quindi soggette all’applicazione retroattiva della legge più favorevole in caso di modifiche normative. La Cassazione, tuttavia, ha chiarito in modo inequivocabile che le multe in questione hanno una natura puramente amministrativa, non assimilabile a sanzioni penali per manipolazione del mercato. I giudici hanno respinto l’assunto che le sanzioni debbano essere considerate «afflittive» e quindi penali, richiamando precedenti giurisprudenziali della stessa Corte e della Corte costituzionale.