Nella riscossione del gran numero di crediti dello Stato anche i servicer privati potranno essere della partita. È tra le opzioni previste dalla commissione ministeriale di esperti presieduta dall’ex magistrato della Corte dei Conti Roberto Benedetti, che ha presentato le sue conclusioni a nove mesi dal suo insediamento.
Sul tema del magazzino dei crediti dello Stato si attendevano le risultanze dell’indagine conoscitiva in corso al Senato, promossa all’inizio dell’anno dalla commissione Finanze congiuntamente alla discussione del provvedimento cosiddetto di rottamazione quinquies. Ed invece gli esperti nominati dal Mef hanno tagliato per primi il traguardo, consegnando al ministro Giancarlo Giorgetti una dettagliata relazione di 39 pagine, piena di tabelle, numeri e proposte operative.

Il magazzino dei crediti vantati dallo Stato al gennaio scorso ammontava a ben 1273 miliardi generati nel periodo 2000-2024.
Di questa somma, crediti per 338 miliardi sono considerati giuridicamente inesigibili, poiché per il decesso (senza eredi) del debitore, per la cancellazione della società dal registro delle imprese senza evidenza di eventuali coobbligati, oppure perché si tratta di crediti relativi a soggetti con procedura concorsuale chiusa o di crediti prescritti. In questo caso la proposta della commissione è quella di cancellarli direttamente.
Il magazzino dei crediti vantati dallo Stato al gennaio scorso ammontava a ben 1273 miliardi generati nel periodo 2000-2024. Di questa somma, crediti per 338 miliardi sono considerati giuridicamente inesigibili, poiché per il decesso (senza eredi) del debitore, per la cancellazione della società dal registro delle imprese senza evidenza di eventuali coobbligati, oppure perché si tratta di crediti relativi a soggetti con procedura concorsuale chiusa o di crediti prescritti. In questo caso la proposta della commissione è quella di cancellarli direttamente.
Poi vi sono crediti «con remote possibilità di riscossione» perché valutati come inesigibili dall’agente della riscossione, riferiti a soggetti nullatenenti. In questo caso lo smobilizzo dovrebbe riguardare 70 miliardi di crediti relativi al periodo 2000-2010. L’intero ammontare, pari complessivamente a 408 miliardi, dovrebbe essere riconsegnato agli enti creditori — si stabilisce la riforma della riscossione — i quali potrebbero gestirli in proprio oppure, appunto, affidarli a privati.
Questa modalità — osserva la commissione di esperti — «potrebbe riguardare tutti i crediti esistenti, ma con remote prospettive di riscossione affidate anche in anni successivi al 2010 (pari a circa 200 miliardi di euro), nonché i crediti con aspettative di riscossione meno recenti (quelli affidati fino al 2017 ammontano a 344 miliardi)», ma vi sarebbe un ostacolo da superare. C’è infatti il rischio che la manovra comporti «significativi impatti sul debito pubblico» qualora, ad esempio, fosse previsto un pagamento anticipato ai servicer sui futuri incassi. Pertanto — suggerisce la relazione — «sarebbe opportuno richiedere, una volta individuato il meccanismo da parte del legislatore, uno specifico parere ex ante alle competenti autorità statistiche (Eurostat)».
Liberata dal fardello dei crediti considerati inesigibili o di difficile recuperabilità, l’Agenzia delle Entrate potrebbe occuparsi con più alacrità di recuperare l’ammontare dei rimanenti crediti. L’efficienza dell’Agenzia è quantomeno dubbia: a fronte della montagna di cartelle inviate ai contribuenti morosi, è stata in grado, nel 2023, di effettuare appena 81 pignoramenti immobiliari.
Per promuovere una maggiore efficienza, la commissione Benedetti propone di assumere più personale e soprattutto avanza una proposta destinata a far discutere: quella di rendere più incisivi i poteri di controllo dello Stato sui conti correnti dei contribuenti non in regola con il fisco.
«Attualmente non è concesso l’accesso massivo, ma solo puntuale a alcune informazioni dei conti correnti. Al fine di aumentare l’efficacia dell’attività di riscossione e la tempestività dell’azione di recupero, sarebbe opportuno prevedere, con le necessarie cautele procedimentali e a tutela della privacy, che la struttura procedente possa conoscere non solo l’esistenza del rapporto, ma anche la sua consistenza attuale. In tal modo l’attività di recupero svolta dall’Agente della riscossione potrebbe essere molto più efficace».
È un modo di fare normalmente in uso all’estero, soprattutto negli Usa, per scoraggiare l’evasione fiscale, ma non è stato mai attuato nella penisola per la scarsa volontà politica dei governi. E anche questa volta non dovrebbe andare diversamente. «È una vecchia proposta — ha subito commentato Giorgetti — che rimarrà una proposta. A me non è ancora arrivata. Quando arriverà ovviamente leggerò, però non credo proprio ci siano le condizioni per fare una roba del genere».
Iscriviti alla newsletter: https://www.bebankers.it/newsletter/