Potrebbe essere definita l’indagine dell’acqua calda. Non era necessario attendere l’inchiesta dei magistrati milanesi per sapere che la Delfin (azionista di riferimento di Essilor Luxottica) ed il gruppo Caltagirone fossero impegnati da anni in una battaglia senza esclusione di colpi per ribaltare il ponte di comando di Generali, di cui sono azionisti di rilievo e le cui sorti, fino a qualche mese fa, erano decise da Mediobanca. E che, per raggiungere il loro obiettivo, sostenuti dall’attuale governo, avessero anche aumentato progressivamente nel tempo il loro peso prima nella stessa Mediobanca, poi in Mps, due fronti che si sono uniti con la vittoriosa offerta di scambio lanciata dalla banca senese sull’ex fortino della finanza laica fondato da Enrico Cuccia. Probabilmente anche la celebre casalinga di Voghera era al corrente dei loro propositi. Da mesi numerosi articoli sulla stampa, nonché esposti presentati alla Consob (silente per tutto questo tempo) e alla magistratura, hanno segnalato le tante anomalie della vicenda. Ed ora i giudici di Milano si sono mossi, con il consueto seguito di indiscrezioni e intercettazioni, ma con un timing non esaltante. L’Opas di Mps su Mediobanca è nel frattempo andata a segno, le azioni sono passate di mano e non si potrà certamente tornare indietro.
La vicenda ricorda ciò che accadde all’inizio del secolo quando la Sai di Salvatore Ligresti partì all’assalto della Fondiaria. Anche in quel caso la Consob ipotizzò un concerto tra Sai e Mediobanca (altro grande azionista di Fondiaria), imponendo il ricorso a un’Opa. Ma, alla fine di una complicata battaglia finanziaria durata oltre due anni, non se ne fece nulla e la fusione tra Fondiaria e Sai suggellò il passaggio del controllo sotto la famiglia Ligresti. Anche adesso le polveri dei regulator risulteranno bagnate?
Nella vicenda Mps-Mediobanca la magistratura ha rivolto le accuse di manipolazione di mercato e ostacolo alla vigilanza a Francesco Gaetano Caltagirone e al numero uno di Delfin, Francesco Milleri, con Luigi Lovaglio, ad di Mps, nel ruolo di «concorrente esterno». Tempi e conseguenze dell’inchiesta sono difficilmente prevedibili, come anche gli effetti sull’atto finale della saga finanziaria: la conquista delle Generali, i cui attuali manager sono intanto al loro posto e ai quali il nuovo fronte giudiziario offre un attimo di respiro.
Tutto ruota sugli effetti che l’accertamento di un «concerto» potrebbe avere sui principali protagonisti della vicenda.
I magistrati sono convinti dell’esistenza di un unico disegno «criminoso» che si snoda dalla vendita delle azioni Mps, cedute dal Tesoro a Caltagirone e Delfin, alla successiva Opas di Mps su Mediobanca. Questa è stata preceduta da ingenti acquisti di azioni Mediobanca da parte degli stessi due gruppi che, se avvenuti di concerto (come la magistratura sospetta), avrebbero di per sé dovuto comportare il lancio di un’Opa su Piazzetta Cuccia. Il mercato si interroga sulle conseguenze pratiche di una simile ipotesi, ma nel frattempo Mediobanca è già stata oggetto dell’offerta pubblica di Mps ed è difficile immaginare che il «gioco dell’Opa» possa essere configurato come una matrioska.
Piuttosto, poiché in conseguenza dell’integrazione tra i due gruppi bancari la coppia Caltagirone-Delfin pesa per oltre il 25% in Mps, se fosse accertato un concerto non insorgerebbe un obbligo di offerta pubblica totalitaria sulle rimanenti azioni della banca senese, essendo superata la soglia d’Opa? È vero che Delfin e Caltagirone, formalmente, si sono limitati ad aderire (come azionisti di Mediobanca) a un’offerta pubblica promossa da Mps. Ma c’è da considerare il ruolo di «concorrente esterno» svolto dall’ad di Mps, Lovaglio, che in una telefonata a Caltagirone (intercettata e pubblicata dal Corriere della Sera) gli attribuisce il merito di essere stato «il vero ingegnere» della scalata.
A dirla tutta, c’è anche una regola del Testo Unico Bancario (TUB), art. 22-bis, che affida alla Banca d’Italia l’autorizzazione preventiva dell’«acquisizione o la detenzione di partecipazioni da parte di più soggetti che, in base ad accordi in qualsiasi forma conclusi, ancorché invalidi o inefficaci, intendono esercitare in modo concertato i relativi diritti, quando tali partecipazioni, cumulativamente considerate, raggiungono o superano le soglie indicate nell’articolo 19 (10-20-30 e 50 per cento, ndr.) oppure comportano la possibilità di esercitare il controllo o un’influenza notevole». Anche in questo caso l’accertamento del «concerto» che effetti produrrebbe?
Un ulteriore interrogativo riguarda le conseguenze di un eventuale congelamento del diritto di voto, espressamente previsto dal Testo Unico Bancario nel caso di patti non dichiarati.
L’esito della vicenda, comunque, non verrà deciso soltanto in Italia. La Bce esercita la sua vigilanza sulle grandi banche italiane, Mps inclusa. In passato Francoforte ha espresso la sua ostilità al fatto che soci industriali esercitino il controllo su istituti di credito, al punto che Delfin, quando ottenne nel 2020 il via libera della Bce a salire fino al 20% in Mediobanca, lo fece con l’impegno di non esercitare un’influenza significativa sulla banca. Alla luce di un eventuale concerto la situazione cambierebbe completamente e la Banca Centrale Europea dovrebbe valutarla. Per il momento ha dato il via libera all’Opas di Mps senza soglie specifiche, stabilendo che, in caso di adesione superiore al 50%, entro sei mesi la banca senese debba presentare un piano di integrazione vero e proprio.
Considerati i tempi della magistratura, è presumibile che la fase di incertezza sugli esiti del risiko bancario durerà ancora a lungo e potrebbe riverberarsi sugli assetti di Generali, il vero obiettivo dell’intera battaglia finanziaria. Con la conquista di Mediobanca, i suoi nuovi padroni hanno preso possesso del 13% del Leone triestino custodito da Piazzetta Cuccia, che da sempre determina gli equilibri al vertice della compagnia. Tutti, finora, davano per imminente — al massimo con la prossima assemblea di aprile — il ribaltone al ponte di comando delle Generali, con l’abbandono del ceo Philippe Donnet, inviso a Caltagirone e Delfin. Ma, con le indagini della magistratura in corso, i due gruppi potrebbero essere costretti a rivedere i loro piani. E, giunti in prossimità della meta, rischiano ora di veder scivolare la loro preda agognata come una saponetta da una mano bagnata.
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