Social media: S&P invita gli istituti di credito a monitorarli: “Possono accelerare le crisi bancarie”

I social media – ammonisce l’agenzia - non sono il solo fattore all'origine di una fuga dalle banche ma sono in grado di diffondere in modo rapido notizie, anche false, in grado di indebolire la fiducia dei clienti degli istituti di credito

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È necessario per le banche controllare i social network nell’ambito delle proprie strategie di gestione del rischio di liquidità, perché i commenti, messaggi e le informazioni, talvolta fake news che circolano su di essi, possono accelerare la crisi bancaria, creando sfiducia nei clienti. Ad affermarlo sono gli esperti di S&P, secondo cui le discussioni in rete sono in grado di accrescere ‘la fuga’ dei clienti e ridurre i depositi degli istituti di credito più deboli. In particolare hanno inciso – secondo il report – su alcuni recenti fallimenti bancari, come il crollo a marzo dello scorso anno, della Silicon Valley Bank.

L’impatto dei social sulle banche già in difficoltà

Per l’agenzia di rating è poco probabile che i social media siano il solo fattore all’origine di una fuga dalle banche, ma non si può ignorare il loro potenziale, visto che contano ormai circa cinque miliardi di utenti e sono in grado di diffondere in modo rapido le informazioni. I fallimenti delle banche nel 2023 – ammoniscono gli esperti – sono stati spesso caratterizzati da consistenti e rapidi deflussi di depositi esasperati dalla negatività espressa sui social media.

In tutti i casi – prosegue lo studio – le banche avevano già squilibri finanziari, carenze strutturali e nella gestione del rischio e della governance. Tuttavia, i social con il loro potere di divulgare fake news possono rapidamente mettere in luce i punti deboli degli istituti già vulnerabili e contribuire ad erodere la fiducia dei clienti.

Social ‘privati’ più pericolosi perché fuori controllo

L’agenzia inoltre sottolinea la differenza tra i pericoli che provengono dai social cosiddetti ‘aperti’ come Facebook, Instagram, LinkedIn e X, che possono essere esaminati da banche e autorità di regolamentazione, e quelli invece derivanti dalle piattaforme con gruppi privati, come WhatsApp, Signal e Discord, che invece sfuggono al vaglio dei dati diffusi.

“La diffusione di informazioni dannose può essere difficile da monitorare nei gruppi privati, limitando la capacità di banche e autorità di regolamentazione di reagire in modo efficace. Al contempo, le piattaforme aperte possono raggiungere rapidamente un pubblico massiccio, rendendo difficile il controllo dei danni” evidenziano gli esperti.