Banche, in calo gli stock di NPE: nel 2023 hanno raggiunto quota 50 miliardi di euro

Il valore dei crediti deteriorati in pancia a banche e istituti specializzati è inferiore del 9,9% rispetto al 2022, secondo i dati dell'Osservatorio Npe di Cribis Credit Management

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Cala del 9,9% l’ammontare degli stock di NPE bancari, detenuti dagli istituti di credito e da investitori specializzati, nel 2023 rispetto all’anno precedente: ora si attesta sui 50,2 miliardi di euro. Il dato è contenuto nella sesta edizione dell’Osservatorio Npe realizzato da Cribis Credit Management, società del gruppo Crif. Le aziende italiane, tuttavia, arrancano ancora e in alcuni casi non riescono a ripagare i propri debiti.

Ciò ha contribuito, dopo i minimi successivi al Covid, all’innalzamento del tasso di default nel corso del 2023, ovvero la quota di crediti che in un anno registrano insolvenze, ritardi nei pagamenti oltre i 90 giorni o altre inadempienze (procedure concorsuali, protesti, pignoramenti).Lo scorso anno, il rischio di credito è cresciuto per le società di capitali al 2,6% (+8% rispetto a dicembre 2022), un balzo del 60% rispetto al minimo storico dell’1,6% del dicembre 2021. Per le società di persone si passa all’1,6% (+10% rispetto a dicembre 2022); le famiglie produttrici (imprese individuali, società semplici e così via) salgono al 2,5% (+21%); quelle consumatrici all’1,4% (+19%).

Raddoppiate le transazioni sul mercato secondario

Mentre il mercato primario dei crediti deteriorati è fermo, quello secondario è molto vivace. Le transazioni sul mercato secondario, più che raddoppiate a 16,2 miliardi, rappresentando oltre il 50% delle transazioni totali di Npl. Secondo gli esperti di Cribis a condizionare i settore sono la bassa crescita nazionale, l’inflazione, la contrazione del mercato immobiliare e l’aumento dei costi di finanziamento per le imprese.

Negli ultimi 5 anni il volume di transazioni NPL è diminuito del 10%. A fine 2023 le transazioni si sono ridotte di circa 3 miliardi di euro, con operazioni per circa 31 miliardi di euro. Si tratta di operazioni collegate a portafogli Npl per il 77%, e solo per il 23% a Utp. Il valore delle transazioni Utp è in crescita, segnando un +17% rispetto al 2022; questo a conferma che gli investitori stanno spostando il loro interesse verso questa categoria di crediti. Sono sempre più allettanti gli Stage 2. La percentuale più rilevante di tale esposizione è collegabile alle società di capitali, che rimane stabile rispetto al 2022, attestandosi al 71% del totale dei finanziamenti.

I settori produttivi più rischiosi sono le costruzioni e infrastrutture (23,4% delle esposizioni) e i servizi (20% delle esposizioni totali), con logistica e Food & Beverage sotto pressione, come indicato dai ritardi nei pagamenti commerciali. L’agricoltura ha aumentato il rischio, con un 9,5% di esposizione in Stage 2, a causa degli effetti economici della pandemia, dei rincari energetici e delle materie prime, aumentando l’indebitamento e affrontando nuove politiche europee del Green Deal e criteri Esg. La percentuale di crediti Utp è maggiormente associata alle società di capitali e di persone, scesa al 53% del totale dei finanziamenti (-5% rispetto al 2022).

Liquidazioni in crescita nel 2024

Nel 2023 sono stati iscritti circa 297 mila nuovi procedimenti, leggermente in calo rispetto all’anno precedente (-3%), con una diminuzione delle nuove procedure esecutive e un aumento delle procedure concorsuali (+7% rispetto a dicembre 2022). L’arretrato delle procedure giudiziali è in costante diminuzione, con un calo dello stock delle procedure immobiliari del -23,7%, delle procedure concorsuali del -3,4% e delle procedure mobiliari del -7,3%. Nell’ultimo anno, i tribunali hanno chiuso più procedure di quante ne abbiano aperte, evidenziando un processo di efficientamento.

Ad ogni modo le liquidazioni giudiziali sono crescita. A marzo 2024, le liquidazioni giudiziali sono salite a 2.104 (+12,6% rispetto all’anno precedente), ma sono diminuite del 26,61% rispetto al primo trimestre del 2019. Al contrario, i concordati preventivi sono diminuiti a 86 (-39,86% rispetto al 2023). Le sfide macroeconomiche globali e la stretta monetaria hanno contribuito all’aumento delle liquidazioni, ma non sono viste come determinanti. Lombardia, Lazio e Veneto sono le regioni con il maggior numero di liquidazioni, mentre Trentino-Alto Adige, Basilicata, Molise e Valle d’Aosta ne hanno il minor numero. I settori più colpiti sono il commercio (685 liquidazioni) e i servizi (464), seguiti da edilizia (399) e industria (352).