“Compra ora paga dopo”: sentenza della Corte di Giustizia europea

Si tratta di quelle tipologie in cui il consumatore acquista un bene, o un servizio, impegnandosi a pagarlo dopo un certo periodo di tempo che normalmente vsria da 1 a 6 mesi

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Fonte immagine: Julio Lopez su Pexels

Una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea ripropone l’attualità delle forme di pagamento BNPL (Buy Now Pay Later), cioè il “compra ora paga dopo”. Sono quelle tipologie in cui il consumatore acquista un bene, o un servizio, impegnandosi a pagarlo dopo un certo periodo di tempo che normalmente vsria da 1 a 6 mesi.

Se ne è occupato in questi giorni un blog di Candida Leone (Università di Amsterdam) in riferimento alla pronuncia avvenuta il mese scorso (causa C-409/23 -Arvato). Oggetto del contendere è la qualificazione delle operazioni BNPL, se vanno considerate come forma di dilazione di pagamento oppure come un credito vero e proprio.

Finora in ragione del fatto che, normalmente, il “compra ora paga dopo” non comporta un onere per il consumatore “adempiente”, la fattispecie è esclusa dal novero delle operazioni creditizie in forza di un esenzione contenuta nella direttiva sul credito al consumo tuttora in vigore (2008/48). Questa esclude esplicitamente i contratti “in cui il credito è concesso ‘senza interessi e senza altre spese’ o […] ai sensi dei quali ‘sono dovute solo spese insignificanti”.

Quel modello di business è sostenuto dal costo sopportato dal venditore del bene al finanziatore su cui riposa il rischio di dilazione del pagamento. Quest’ultimo si fa pagare una commissione dal venditore del bene superiore a quella delle normali carte di credito (ha segnalato nel 2022 uno studio di Banca d’Italia (Lorenzo Gobbi , n. 730 Questioni di Economia e Finanza). Il consumatore non sopporta alcun costo se alla data convenuta paga puntualmente il bene che ha acquistato in precedenza.

Il problema nasce se non paga perché in questo caso – ha osservato Leone – vengono addebitate sanzioni progressivamente sempre più elevate. Sicché molte corti che in Olanda si sono occupate della questione hanno concluso che in effetti si trattava di una forma di credito mascherata. Con una importante conseguenza: il contratto di credito è stato invalidato «per violazione di requisiti informativi fondamentali – ha sottolineato ancora Leone – lasciando al consumatore, in sostanza, solo il capitale da pagare».

Sul tema è appunto intervenuta la Corte di Giustizia europea ribadendo – è sempre la ricercatrice a parlare – che «quando il credito è fornito gratuitamente o dietro pagamento di una commissione trascurabile, il fatto che commissioni e interessi debbano essere pagati in caso di inadempimento non trasforma il rapporto in un contratto di credito ai sensi della direttiva». Però al tempo stesso ha rimarcato la necessità di analizzare attentamente il modello di business del finanziatore. Valutando se «il creditore intenda eludere gli obblighi derivanti dalla direttiva 2008/48 anticipando, fin dalla conclusione del contratto di credito, linadempimento da parte del consumatore dellobbligo di pagamento al fine di ottenere un vantaggio economico».

L’incertezza delle corti, insomma, è destinata a durare almeno fino all’entrata in vigore della nuova direttiva sul credito al consumo (a partire dal 2026) che limita esplicitamente l’esenzione (circa la natura di operazione creditizia) «ai casi in cui il pagamento differito è offerto dal fornitore del bene o servizio sottostante, con l’esclusione di terze parti commerciali».

Lo studio di Bankitalia ha rimarcato l’importanza crescente del fenomeno BNPL citando una stima di Statista secondo cui il valore globale delle transazioni BNPL fra il 2020 e il 2021 è salito da 60 miliardi di dollari a 120 miliardi di dollari e crescerà a 481 miliardi di dollari entro il 2025.

Nelle scorse settimane (vedi Be Bankers dell’11 novembre) era intervenuto anche Simone Capecchi, Executive Director di Crif, a lanciare un allarme dalle colonne de Il Sole 24 Ore. «Pur trattandosi spesso di importi modesti – ha spiegato – il fatto che più pagamenti possano cumularsi crea un potenziale rischio di sovra esposizione».

Già da un’analisi di Crif del 2022 emergeva che i contratti Bnpl registravano una rischiosità maggiore rispetto a finanziamenti small ticket più tradizionali e il loro tasso di insolvenza era quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente.