Crediti deteriorati, le agenzie di rating bocciano le idee di riforma. Intanto Meloni rallenta: “Nessuna legge in rampa di lancio”

Tanti i disegni di legge presentati in Parlamento, ma la premier ha smentito l'intenzione di varare misure nell'immediato

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All’indomani della diffusione dei rumor sull’intenzione del governo Meloni di riformare il settore dei crediti deteriorati, avvalorati dai tanti disegni di legge in materia ad oggi depositati in Parlamento, le agenzie di rating si sono pronunciate nel merito, bocciando le idee al centro del dibattito.

Tuttavia la stessa premier, in una recente conferenza stampa ha rassicurato in proposito: “Stiamo parlando del tema, ma non ci sono provvedimenti in rampa di lancio”. Giorgia Meloni ha espresso invece l’intenzione, per ora, del Consiglio dei ministri di concentrare le risorse economiche su pochi grandi provvedimenti.

L’analisi di Fitch Ratings

Nel frattempo però le agenzie di rating hanno posto ai raggi X le ipotesi di riforma, alimentando il dibattito sul tema. Per Fitch Ratings ad esempio, “la proposta di offrire ad alcuni mutuatari in sofferenza una nuova opzione per tornare in bonis creerebbe significativa incertezza per banche, gestori di servizi e investitori nelle cartolarizzazioni di prestiti in sofferenza (NPL), potendo pesare sulla capacità degli istituti di credito di smaltirli”.

“Secondo la legislazione proposta – prosegue l’agenzia – le famiglie e le PMI con prestiti classificati come inadempienze probabili (UTP) o in sofferenza tra il 2015 e il 2021 e trasferiti a terzi prima della fine del 2022 potrebbero scegliere di pagare un obbligo di pagamento scontato (DPO), calcolato come il prezzo di trasferimento del prestito più un premio. Il prezzo di trasferimento rifletterebbe quello pagato dal terzo per l’intero portafoglio. Il premio sarebbe del 20% se la procedura di recupero non fosse iniziata, altrimenti del 40%. Una volta completato, i mutuatari non verrebbero più registrati come crediti deteriorati nella Centrale dei Rischi italiana, migliorando l’accesso a nuovi finanziamenti. […]  Le implicazioni operative per i gestori includerebbero un afflusso imprevisto di DPO e la rinegoziazione dei contratti con investitori e creditori NPL man mano che cambiano le aspettative di recupero su tali portafogli”.

Fitch si aspetta un impatto maggiore sugli acquirenti di debito perché la nuova legge potrebbe portare a una riduzione degli incassi rimanenti stimati, con possibili svalutazioni del portafoglio e una minore generazione di EBITDA. Imporre per legge il prezzo DPO potrebbe distorcere la logica economica alla base dei trasferimenti di NPL esistenti consentendo ai mutuatari di tornare in bonis a basso costo, ad esempio laddove i crediti in genere attraggono prezzi di acquisto bassi sulla vendita del portafoglio, come nel caso di piccoli NPL non garantiti o NPL garantiti da prestiti su misura.

L’opinione di Scope Ratings

Sul punto si è pronunciata anche Scope Ratings secondo la quale la proposta del governo (riconducibile al ddl 843), volta a sostenere i mutuatari in difficoltà finanziarie dando loro la possibilità di riacquistare esposizioni già vendute a terzi tramite ABS o cessioni di prestiti, potrebbe infliggere danni collaterali significativi al mercato italiano degli NPL.

“L’adozione dell’opzione di riacquisto – sottolinea l’agenzia – consentirebbe ai mutuatari di risanare il proprio credito alla Centrale dei rischi e di dare loro accesso a nuovi finanziamenti. La proposta non avrebbe alcun impatto immediato sulla qualità creditizia delle banche, ma gli effetti a catena della sua natura retroattiva potrebbero causare danni significativi al mercato degli NPL. Ci aspettiamo, tuttavia, che la proposta abbia un impatto limitato sulla performance delle cartolarizzazioni di NPL italiane.

I mutuatari – prosegue – pagherebbero la media del prezzo del portafoglio a cui appartengono i prestiti come percentuale del valore contabile lordo più un premio. Questa definizione andrebbe a vantaggio di alcuni di loro ma ne penalizzerebbe altri. Riteniamo che una quota relativamente piccola di mutuatari eserciterebbe l’opzione perché sarebbe molto difficile da implementare. Il contenuto e le formalità del processo di notifica potrebbero anche innescare contenziosi da parte dei debitori, il che allungherebbe i tempi di risoluzione”.