Il 2022 anno d’oro per i gruppi bancari italiani secondo l’analisi di bilancio di KPMG

Lo studio conferma per il settimo anno consecutivo il trend di progressivo miglioramento della qualità del credito, registrando un’ulteriore riduzione dello stock di crediti deteriorati, che si conferma su livelli nettamente inferiori rispetto al 2012

0
172

Nel 2022 il settore bancario italiano ha registrato performance estremamente positive in termini di redditività, qualità del credito e patrimonializzazione. A rivelarlo è l’analisi di bilancio condotta da KPMG su un campione di 17 gruppi bancari italiani, che rappresentano circa il 70% del sistema bancario italiano in termini di totale attivo consolidato.

L’aumento dei tassi di riferimento ha avuto impatti positivi sul conto economico del sistema bancario italiano

Lo scenario dei tassi in profonda trasformazione, con l’avvio da parte della Banca Centrale Europea, dal mese di luglio 2022, di una politica monetaria restrittiva nel tentativo di frenare le spinte inflazionistiche, ha avuto impatti positivi sui conti economici dei gruppi bancari analizzati.

A differenza di quanto accaduto negli anni precedenti, infatti, quando in uno scenario di tassi negativi la redditività era sostenuta dai margini commissionali e dai profitti da attività finanziarie, nel 2022, in una fase di profonda turbolenza sui mercati, gli utili del sistema bancario sono stati sostenuti azionando le leve del mark-up e del mark-down sui tassi. L’ampliamento della ‘forbice’ tra rendimento medio degli impieghi e costo medio della raccolta ha avuto effetti particolarmente positivi sul margine di interesse delle banche. I gruppi bancari del campione analizzato registrano un utile pari a 15 miliardi di Euro, con un ROE che si attesta mediamente all’8,2%.

Prosegue il trend di miglioramento della qualità del credito

Il sistema bancario italiano conferma per il settimo anno consecutivo il trend di progressivo miglioramento della qualità del credito, registrando un’ulteriore riduzione dello stock di crediti deteriorati, che si conferma su livelli nettamente inferiori rispetto al 2012. Oggi i gruppi bancari del campione analizzato presentano indicatori di qualità del credito migliori rispetto a dieci anni fa, sia in termini di incidenza degli impieghi deteriorati, sia per quanto concerne il costo del credito, sia in termini di livelli di copertura dei non performing loan.

Il sistema bancario italiano dimostra di aver superato gli effetti della pesante crisi della qualità del credito, che aveva colpito il settore soprattutto nel periodo 2012-2015 e che aveva portato i non performing loan su livelli prossimi ai 300 miliardi di euro, e si prepara ad affrontare le sfide del nuovo contesto macroeconomico con basi più solide. Venute meno le misure straordinarie di sostegno al credito introdotte dal Governo per rispondere alla crisi COVID-19, quali la concessione di garanzia statale sui finanziamenti (attraverso garanzie SACE e fondi di garanzia per le PMI) e le misure di moratoria parziale o totale dei finanziamenti in regime di neutralità attuariale, si pone oggi una maggiore attenzione sui crediti in Stage 2 (posizioni in bonis che hanno avuto un aumento di rischio significativo dal momento della loro iscrizione in bilancio). In questa fase proprio questa categoria particolare di crediti necessita di un maggior monitoraggio, per evitare ‘scivolamenti’ nella categoria dei non performing loan.

Dotazioni patrimoniali ampiamente al di sopra delle richieste delle autorità di vigilanza

Nel 2022 i gruppi bancari del campione hanno registrato un lieve miglioramento degli indicatori patrimoniali, che si mantengono su livelli ampiamente superiori rispetto ai requisiti minimi stabiliti dalle autorità di vigilanza, sia in termini di Total Capital Ratio, sia in termini di CET1 Ratio.

L’incremento degli indicatori è frutto della flessione delle attività ponderate per il rischio (RWA), più che proporzionale rispetto alla riduzione osservata nei fondi propri e nel Capitale Primario di classe 1 (CET1). La riduzione degli RWA riflette principalmente il calo delle attività ponderate per il rischio a fronte del rischio di credito, conseguenza del rallentamento delle nuove erogazioni registrata nell’ultimo trimestre del 2022, in misura più marcata verso la clientela aziende.

Segnali positivi arrivano dall’andamento del Texas Ratio, che misura la ‘qualità’ del portafoglio creditizio rispetto alla dotazione patrimoniale delle banche. Nel 2022 questo indicatore segna un moderato miglioramento, sia in termine di valore medio per cluster dimensionali, sia se si analizzano i singoli operatori, riflettendo le significative iniziative di ‘deleveraging’ poste in essere nel settore finanziario per la riduzione dei crediti deteriorati (NPL). Per il quarto anno consecutivo tutti i gruppi del campione presentano un Texas Ratio inferiore al 100%, indice di un livello di rischio residuo – al netto delle rettifiche – inferiore alle disponibilità patrimoniali.

Il tema del miglioramento dell’efficienza rimane centrale anche per i prossimi anni

Nel 2022 proseguono i piani di razionalizzazione della rete di filiali e di riduzione del numero di dipendenti dei gruppi bancari italiani, con effetti contrastanti sui principali indicatori di efficienza. Il Cost/Income Ratio del campione analizzato fa registrare un moderato miglioramento, grazie ai buoni risultati sul lato della redditività e alla riduzione dei costi operativi.

Nonostante sia proseguita l’ottimizzazione delle strutture operative e delle risorse, con un consistente calo del numero delle filiali e del numero di dipendenti, la flessione dei costi operativi è risultata meno che proporzionale, in parte anche in considerazione della dinamica inflazionistica che nel 2022 ha toccato un picco straordinario, portando alla crescita dei costi operativi per risorsa e per sportello.

Gli effetti delle politiche di ottimizzazione delle strutture sul conto economico dei gruppi bancari del campione si osserveranno in modo più consistente nel medio periodo: i gruppi bancari, infatti, stanno ancora scontando gli effetti del turnaround sui modelli di business, con i relativi oneri straordinari nel breve periodo, e delle forti pressioni regolamentari, con ingenti impatti in termini di adeguamento di strutture operative, competenze e organici, nonché gli effetti del COVID-19 e del contesto macroeconomico estremamente incerto sui bilanci bancari.

Fonte: ufficio stampa KPMG