Intrum: con l’AI tassi di recupero dei crediti in su del 35% e taglio dei costi del 20%

In un’intervista il CEO del gruppo fa il punto sull’andamento dell’economia. Un quarto dei consumatori non ce la fa ad arrivare a fine mese e deve chiedere finanziamenti per coprire le spese ordinarie. Il piano di ristrutturazione di Intrum, finito in Chapter 11 a gennaio, approvato dal 97% delle banche e dall’83% degli obbligazionisti

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Da quando utilizza l’intelligenza artificiale, Intrum, la maggiore società europea di gestione del credito, ha visto aumentare del 35% il tasso di recupero con una diminuzione del 20% dei costi. Lo ha detto in un’intervista al Corriere della Sera Andrés Rubio, dal 2022 CEO del gruppo svedese che ha rapporti con 74mila società clienti e gestisce un portafoglio di 200 miliardi di crediti, 40 dei quali gestiti in Italia attraverso l’alleanza con Intesa Sanpaolo.

Intrum sta sfruttando a fondo le opportunità delle nuove tecnologie. Ora sta sperimentando le chiamate con l’AI. In Italia farà un test a luglio e punta a lanciarle verso la fine dell’anno. È un sistema che i debitori sembrano apprezzare.
«Preferiscono avere a che fare con un assistente digitale perché non si sentono giudicati. Sinora i test stanno andando molto bene: su 100 telefonate con l’AI, le 70 che ricevono risposta hanno un tasso di successo dell’80%».

Nell’intervista il CEO del gruppo ha svolto un’analisi a tutto campo sullo stato di salute dell’industria del credito, dall’andamento dell’economia e di quanti finanziamenti non vengono rimborsati, al cambio di strategia degli operatori, reso necessario dal nuovo scenario competitivo, ai programmi avviati da Intrum per ridurre l’ammontare dei suoi debiti accumulati negli anni e aumentare i volumi dei crediti in gestione.

Ed ecco le sue risposte, innanzitutto sul gran numero di consumatori che in Europa non riescono a saldare i propri crediti alle scadenze concordate. «Un quarto dei consumatori europei – ha spiegato – riesce a risparmiare a fine mese, il 50% va in pari, un altro 25% deve chiedere finanziamenti per coprire le spese ordinarie: a quest’ultimo gruppo appartengono i nostri 25 milioni di consumatori-clienti, persone che si trovano in difficoltà e non riescono a restituire il dovuto». Ogni anno Intrum aiuta 5 milioni di clienti a saldare i loro debiti e a rientrare nella comunità finanziaria, riacquistando per esempio l’accesso ai conti e al credito bancario.

Quale direzione indica il barometro dell’economia europea?
«Nelle crisi del passato si perdeva il lavoro e, quindi, la principale fonte di reddito; oggi la disoccupazione è minima, ma il potere d’acquisto degli stipendi è crollato a causa dei costi dell’energia, dell’inflazione e dell’aumento dei tassi di interesse. È per questo che un quarto dei consumatori si indebita per pagare le bollette, i mutui, la telefonia e, talvolta, il peso di questi prestiti diventa insostenibile. Ed è qui che entriamo in gioco noi».

Con quali strumenti?
«Fra mail, chiamate, lettere e messaggi i nostri 9 mila dipendenti gestiscono 160 milioni di interazioni con i debitori all’anno, di cui 32 milioni di telefonate». Una mole enorme di contatti in cui, appunto, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sta diventando sempre più pervasivo.

Una profonda fase di trasformazione la sta attraversando lo stesso gruppo Intrum che a gennaio ha ottenuto in USA la protezione del Chapter 11 e un accordo di ristrutturazione del proprio debito da 4,6 miliardi di dollari.
«Il piano – ha spiegato Rubio nell’intervista – è stato approvato dal 97% delle banche e dall’83% degli obbligazionisti e ha ricevuto il via libera da tutti i tribunali. Ci mancano alcune piccole autorizzazioni procedurali e sarà concluso: a quel punto il nostro debito riceverà un taglio del 10%, di circa 300 milioni, e sarà rimodulato nelle scadenze; in cambio i creditori riceveranno il 10% del capitale di Intrum».

L’operazione – ha aggiunto il CEO – è funzionale a un radicale cambio di strategia. «Prima del mio arrivo – ha spiegato – Intrum era più un compratore di crediti deteriorati che un gestore di posizioni altrui. Chiedeva quindi a prestito le somme da investire nell’acquisto di portafogli che poi davano un rendimento nel corso degli anni. Questa strategia ha due difetti: si alimenta di debito e richiede un accesso ai mercati ininterrotto; se per qualsiasi ragione si bloccano, va in sofferenza. Per questo ho deciso di cambiare il nostro modello di attività».

Come?
«Oggi Intrum si concentra sui servizi di gestione del credito per i suoi 75 mila clienti. Abbiamo poi stretto un’alleanza con il fondo Cerberus per l’acquisto dei portafogli: loro mettono il 70% dell’investimento, noi il 30% e in più incassiamo le commissioni sulla gestione di tutte le posizioni. Abbiamo realizzato sei operazioni in Italia con questo modello che richiede meno capitali ed è più redditizio». Infine Rubio non si è sottratto a formulare valutazioni sull’andamento del mercato. «Periodicamente sento dire che il mercato di NPL è finito. Ogni grande economia, compresa quella italiana, attraversa cicli e ora ci troviamo in uno favorevole. Ciononostante, l’anno scorso il sistema ha prodotto quasi 20 miliardi di NPL lordi, una somma rilevante».