L’assicurazione migliora lo score creditizio ma le banche non ne tengono conto

La presenza di coperture assicurative nelle imprese non sembra influire sul loro score creditizio. Ania avvia un nuovo studio anche per censire l’esposizione delle PMI al cambiamento climatico

0
118

Ho provato a domandare a CHATGPT se fosse vero che le imprese più assicurate hanno migliori condizioni sul credito bancario. La risposta, piuttosto articolata, viene così riassunta: “In linea generale, le imprese più assicurate possono beneficiare di alcuni vantaggi quando cercano finanziamenti, ma non è sempre garantito che abbiano condizioni di credito migliori.”. L’AI cita diversi argomenti, che fondamentalmente richiamano fattori generali (situazione economica e contesto del mercato nel comparto) o caratteristiche specifiche dell’impresa. Non viene citata quella che, secondo me, è la motivazione principale, ossia il fatto che le banche non sanno se le imprese sono assicurate: lo ha rivelato il Governatore Visco nel corso della recente Assemblea dell’ABI: “In circa tre quarti dei casi, le banche non sarebbero informate della sottoscrizione di polizze da parte delle aziende affidate. Gli intermediari non terrebbero dunque conto di questa informazione nella determinazione delle condizioni di offerta di credito. Se confermato da ulteriori evidenze, sarà necessario indagare con maggiore profondità le ragioni di questo fenomeno, in capo alle banche o alle imprese, e porvi rimedio.”

Naturalmente ignorare se un tuo affidato sia adeguatamente protetto da polizze assicurative non è né il risultato di una negligenza del funzionario dell’area credito né una dimenticanza dell’imprenditore che chiede il finanziamento. È piuttosto la conseguenza di una valutazione costi/benefici della banca, dove il beneficio di avere informazioni addizionali sul cliente è ritenuto inferiore rispetto al costo di raccogliere, sistematizzare e integrare nel modello di credit scoring informazioni tradizionalmente non utilizzate.

Nel 2009 l’ANIA promosse un’indagine sul ricorso alle assicurazioni da parte su un campione di 2.295 imprese fino a 250 addetti. Sulla base di quelle informazioni, Guiso e Schivardi (2010) evidenziarono che “Al crescere del grado di copertura assicurativa (misurata in termini di numero rischi assicurati) diminuisce il costo del debito bancario, si riduce la probabilità di essere razionati, aumentano il numero di banche con cui si intrattengono rapporti e diminuisce la quota di debito verso la banca principale” e ipotizzarono, sulla base di stime econometriche, che le banche utilizzando in modo non sistematico le informazioni sul grado di copertura assicurativa dei loro clienti, ne sottostimano l’utilità nel formulare il giudizio sul merito di credito dell’impresa. Per questo motivo ANIA avviò una nuova indagine con le compagnie per censire tutte le garanzie attivate nel triennio 2008-10 dalla PMI e costruì un indicatore quantitativo del grado di copertura assicurativa delle PMI (GCA), differenziato per settore di attività e altre caratteristiche.

Questo indicatore GCA fu utilizzato nello studio ANIA-CERVED (2014) mettendo “in luce l’esistenza di una relazione statistica, non strettamente lineare, tra l’estensione delle coperture assicurative ed il rischio di credito stimato sulla base del modello interno di Cerved e osservato sulla base dei tassi di insolvenza breve termine (a 12 mesi)”. Lo studio segnalava che delle particolari configurazioni di alcune variabili assicurative (il mancato rinnovo, la presenza/assenza ed il numero delle garanzie presenti) potevano essere adottate oltre al GCA come parametri per affinare l’accuratezza dei modelli predittivi e, soprattutto, che maggiore attenzione andava prestata alla relazione tra la propensione alla copertura assicurativa su più periodi e la sopravvivenza dell’impresa in una prospettiva di più lungo termine (non solo a distanza di 1 anno).

Da quello che sappiamo – in linea con l’evidenza citata dal Governatore – le coperture assicurative sono state utilizzate dal sistema bancario in maniera sporadica nella valutazione creditizia, per lo più aggiungendo l’informazione nella valutazione qualitativa dell’analista, senza utilizzarla direttamente nel modello di credit scoring.

“Solo di recente alcune banche hanno progettato d’inserire (o lo hanno fatto) nel loro modello di rating informazioni sulle coperture assicurative a tutela del rischio d’impresa”.

Il rinnovato interesse alla relazione tra coperture assicurative e qualità del credito deriva direttamente dall’accresciuta consapevolezza delle Autorità di vigilanza e degli intermediari finanziari sui rischi derivanti dal cambiamento climatico che determina una più elevata frequenza e maggiore intensità degli eventi catastrofici.

I risultati dello stress test BCE presentati nell’estate 2022 mostrano che, per le 41 banche significative partecipanti all’esercizio, gli interessi pagati da imprese appartenenti alle 22 industrie con le maggiori emissioni di GHG rappresentano oltre il 60% del totale del reddito d’interesse. L’entità dei rischi climatici nei bilanci bancari dipenderà quindi dai piani di transizione delle controparti di questi settori ad alta emissione. Inoltre, le banche significative sono esposte, in misura variabile, alla materializzazione di rischi fisici acuti in Europa, come siccità e ondate di calore e rischio d’inondazione. In definitiva, per lo scenario di rischio di transizione disordinata a breve termine di tre anni e i due scenari di rischio fisico (rischio di alluvioni e rischio di siccità e calore), le perdite combinate di credito e di mercato per le 41 banche ammontano a circa 70 miliardi di euro: questo dato, tuttavia, secondo la BCE sottostima significativamente il rischio effettivo.

Le coperture assicurative non sono, ovviamente, utili per attenuare gli effetti del rischio di transizione, ma certamente possono aiutare a gestire il rischio fisico. “Analisi effettuate in Banca d’Italia – aggiungeva il Governatore Visco qualche settimana fa all’Assemblea dell’ABI – stimano che nel nostro paese circa un quarto dei prestiti alle imprese non finanziarie è rivolto ad aziende localizzate in province ad alto rischio di calamità naturali. Di questi, il 58 per cento è coperto da garanzie, che tuttavia potrebbero a loro volta essere esposte allo stesso rischio dei finanziamenti; la quota di copertura si riduce al 38 per cento se si considerano le sole garanzie personali.”

Peraltro, Mark Carney, ex Governatore della Bank of England (2015) aveva con lucidità identificato la cosiddetta “tragedy of the horizon”, ossia il problema che gli impatti catastrofici del cambiamento climatico si verificheranno al di là dei tipici orizzonti decisionali del ciclo economico, del ciclo della politica monetaria delle banche centrali; del ciclo politico. Tipicamente, il primo ha un orizzonte temporale di tre-cinque anni; il secondo di due o tre anni (il ciclo del credito può arrivare a dieci anni); il terzo ha la durata di una legislatura. La stessa industria (ri)assicurativa reagisce all’aumento dei sinistri per danni ambientali con un aumento dei premi assicurativi, oppure con l’esclusione dalla copertura assicurativa d’immobili nelle aree più rischiose, dimostrando che il mercato, da solo, non è un meccanismo che può proteggere dai danni fisici. Per questo servono schemi di partnership pubblico-privato.

ANIA, nell’ambito della sua partecipazione al Progetto GRINS che ha vinto uno dei bandi finanziati dal PNRR, ha avviato una nuova ricerca sul grado di copertura delle PMI che, oltre a replicare gli indicatori calcolati a dieci anni fa, si concentrerà sull’esposizione al cambiamento climatico delle PMI italiane. Sappiamo da dati aggregati pubblicati nell’Assicurazione Italiana (ANIA, 2023) che nel 2022 l’estensione al terremoto e alle alluvioni viene stipulata da quasi la totalità delle imprese grandi, da circa i due terzi delle imprese medie, da un quarto di quelle piccole e da una percentuale molto limitata per le imprese micro (6% per il terremoto e solo il 2% per le alluvioni). Con la nuova ricerca saremo in grado di capire meglio come la localizzazione degli stabilimenti, le specificità economiche e creditizie interagiscono nelle decisioni assicurative dell’impresa. Collaboreremo con i centri di ricerca della Fondazione GRINS, con le Autorità, in primo luogo il MEF, la Banca d’Italia e l’IVASS per comprendere, anche da un punto di vista operativo, cosa sia possibile fare per rafforzare la stabilità finanziaria e la resilienza delle piccole e medie imprese italiane nell’era che il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha definito, sulla base delle temperature da record di luglio, “di ebollizione globale”.