La Vigilanza BCE analizza le strategie NPE delle banche italiane

Ai raggi X i documenti di sintesi delle iniziative ipotizzate per gestire o ridurre gli stock di crediti deteriorati. In questo momento l'attenzione delle banche è focalizzata su UTP e crediti in bonis, meno sugli NPL, che al momento sono ai minimi storici

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La sede della Bce a Francoforte, in Germania

Le strategie NPL delle banche italiane sotto la lente della BCE: a fine marzo gli istituti vigilati direttamente hanno sottoposto i propri piani NPE del 2024 e ora attendono nelle prossime settimane un riscontro. La Banca Centrale Europea dopo averli esaminati potrebbe, come negli anni passati, avviare un’interlocuzione con le singole banche per approfondire eventuali dubbi. Tuttavia – come evidenzia in una propria analisi Milano Finanza – la differenza è che quest’anno le decisioni della BCE potrebbero incidere sui bilanci delle banche.

I piani sottoposti alla Banca Centrale Europea sintetizzano le iniziative che si intende realizzare nell’arco dell’esercizio e per gestire o ridurre lo stock di crediti deteriorati. In particolare, la difficoltà maggiore per le banche è fissare gli obiettivi di smaltimento per i differenti cluster di portafoglio, con stime che tengano conto dello scenario di mercato e delle curve di recupero.

Non destano alcuna preoccupazione gli NPL: secondo gli scenari ipotizzati da Milano Finanza, anche se dovesse registrarsi una crescita dei loro flussi, il ritmo delle cessioni dovrebbe rimanere costante, tenuto conto che i livelli di crediti deteriorati nei bilanci sono oggi ai minimi storici. Invece l’attività di derisking dovrebbe essere focalizzata soprattutto sugli UTP, ovvero gli unlikely to pay, crediti cioè che possono ancora essere riportati in bonis con misure mirate, e sugli Stage 2, crediti in bonis ad alto rischio.

Per quanto riguarda le modalità di gestione degli UTP, è contemplata la cessione a operatori specializzati e quella interna, in ogni caso i piani prevedono un’accelerazione sulle azioni di ristrutturazione o rinegoziazione per cercare di ottenere una ripresa dei pagamenti e forse anche il rientro in bonis. Invece per gli Stage 2 – che la testata finanziaria stima essere oltre 200 miliardi sul mercato italiano – gli istituti stanno ideando azioni per rafforzare le attuali strategie di gestione e per mitigare gli scivolamenti in credito deteriorato.