Alcune indiscrezioni circolate a partire dal mese di luglio, in merito a una possibile iniziativa legislativa del governo, volta ad offrire ad alcune tipologie di debitori insolventi la possibilità di estinguere la propria esposizione a fronte del pagamento di un importo definito per legge e significativamente inferiore al valore nominale, hanno causato non poche preoccupazioni tra gli investitori in NPL. La reazione della maggioranza degli operatori del settore e degli osservatori indipendenti è stata negativa e si è diffusa dai social network e blog indipendenti fino ai research paper delle agenzie di rating.
I termini della questione
L’ipotesi di introdurre delle agevolazioni per i debitori insolventi la cui esposizione è stata ceduta a terzi investitori è presente in diverse proposte di legge:
- n. 1246 del 23 giugno 2023
- n. 843 del 31 gennaio 2023
- n. 669 del 17 aprile 2023
- n. 414 del 16 dicembre 2022
La maggiore attenzione e diffusa preoccupazione tra gli operatori di mercato è derivata prima dalla ipotesi che misure di questo tipo potessero venire inserite nel Decreto Legge del 10 agosto 2023, n. 104 (c.d. “Decreto Omnibus”) e successivamente dalla prospettiva che saranno più in dettaglio ridiscusse meglio dal governo italiano ed eventualmente tradotte in legge o inserite nella legge di bilancio del 2023.
Anche se i dettagli differiscono tra le diverse proposte, la struttura più ricorrente prevede che, nel caso di crediti in sofferenza ceduti in un determinato arco temporale, al debitore verrebbe riconosciuta la possibilità di liberarsi dal proprio debito pagando un importo parametrato al corrispettivo di vendita del relativo credito, più una maggiorazione compresa tra 20% e 40%.
La condanna dei “profitti extra” e l’errata comprensione del mercato
Dal punto di vista dell’impianto teorico, alla base di questi provvedimenti c’è l’errata convinzione che una riforma di questo tipo possa fornire sollievo ad alcuni cittadini in difficoltà e potrebbe bilanciare i guadagni ingiusti ottenuti dagli investitori istituzionali, che in passato avrebbero in qualche modo approfittato di una posizione di debolezza delle banche italiane, costrette a ridurre lo stock dei propri crediti deteriorati in tempi brevi. Questa impostazione risulta infondata sulla base di considerazioni di carattere tecnico, riguardanti il funzionamento del mercato NPL.
Applicare a un singolo prestito il prezzo medio pagato per un portafoglio anche aggiungendo una sorta di margine è una finzione contabile fuorviante. I portafogli NPL, soprattutto quelli non garantiti, sono costituiti da alcuni mutuatari che rimborseranno un importo maggiore rispetto alla media del portafoglio medio e alcuni che raccolgono di meno o addirittura nulla. Posto che per le esposizioni più granulari il prezzo del portafoglio è in genere calcolato statisticamente, non è noto in anticipo quale mutuatario pagherà cosa.
Inoltre, va considerato che questo mercato è caratterizzato da operatori professionali altamente specializzati, che operano in un contesto molto competitivo e dunque è estremamente improbabile realizzare degli extraprofitti. Ad ulteriore conferma della impossibilità di “approfittare” delle banche cedenti va considerata la asimmetria informativa alla base dello scambio: chi gli vende i crediti li ha inizialmente concessi e li ha gestiti prima e durante il riconoscimento dell’insolvenza dunque li conosce meglio dell’acquirente – al punto che la direttiva 2021/2167, ha introdotto degli obblighi di informazione nei confronti di chi acquista i crediti.
Conclusioni
Ad oggi esiste un consenso abbastanza diffuso da parte degli operatori del mercato in merito alla possibilità che il provvedimento ipotizzato venga abbandonato dal governo, anche alla luce delle eccezioni rilevanti sollevate dalle agenzie di rating. Tuttavia, dal punto di vista degli investitori istituzionali, fino a quando non ci sarà una chiara e definitiva presa di posizione da parte del governo, permarrà un fattore di incertezza a fronte del quale verranno applicati parametri correttivi precauzionali, che avranno un impatto negativo sul livello dei prezzi in offerta.