Crediti deteriorati ai minimi storici. Banche italiane in linea con il resto dell’Ue

I dati dell’ultimo report PwC “A New Era is coming” fanno registrare un progresso degli istituti di credito della Penisola, che ora si adeguano alle banche europee in termini di NPE

0
110

L’Italia è sempre più vicina agli standard europei in termini di crediti deteriorati. Nel primo trimestre del 2023 pesavano per 58 miliardi di euro (il 2,9% sul totale dei crediti) sui bilanci delle banche italiane, raggiungendo livelli storici minimi negli ultimi 15 anni. A rivelarlo è l’ultimo rapporto PwC “A New Era is coming” sulle Non-Performing Exposure (NPE). Le banche italiane dunque, sono ora su livelli di credito deteriorato in linea con le principali banche europee.

Situazione sotto controllo

A marzo di quest’anno – si legge nel report – lo stock di crediti deteriorati delle principali banche dell’Unione europea è rimasto stabile rispetto al trimestre precedente, aggirandosi su un valore di 357 miliardi (2,2% del totale dei prestiti). Si tratta di un dato molto positivo se paragonato con i valori del 2015: da allora si è infatti registrata una riduzione di 730 miliardi di euro.

In Italia, invece, a livello aggregato i tassi di default rimangono sotto controllo su valori attorno all’1%, suggerendo flussi limitati verso il credito deteriorato. Anche se purtroppo negli ultimi mesi il tasso di default delle aziende sta risalendo di nuovo dopo anni.

Rischi futuri

Le previsioni per il resto dell’anno in corso purtroppo, non sono tra le più rassicuranti. I dati raccolti dall’EBA, l’European Banking Authority, nel suo Risk Assessment Questionnaire primaverile, preannunciano un deterioramento della qualità degli attivi per famiglie e aziende.

 “Sia le banche che il Regolatore – fa notare Pier Paolo Masenza, financial services strategy & value creation leader di PwC Italia – stanno ponendo crescente attenzione ai prestiti classificati in Stage 2 e/o in forborne. Diverse banche hanno attivato processi di valutazione dei loro portafogli e individuato una serie di azioni per rafforzare le attuali strategie di gestione e per mitigare gli scivolamenti in credito deteriorato e i relativi impatti economici e di capitale”.

I prestiti classificati in Stage 2 secondo IFRS9 a livello di Ue si assestano nel primo trimestre del 2023 a 1,350 miliardi di euro, diminuendo l’incidenza sul totale dei prestiti al 9,3% dal 9,6% di fine 2022.

La Francia, con oltre 450 miliardi, è lo Stato membro con più prestiti in Stage 2. Invece l’Italia a dicembre 2022 aveva circa 227 miliardi di prestiti in Stage 2, pari all’11,3% del totale rispetto alla media europea del 9,1%. Di questi, 28 miliardi di euro – si legge nel rapporto PwC – sono “forborne”, cioè prestiti in bonis che hanno previsto misure di tolleranza o forbearance per clienti che si trovano in difficoltà finanziarie.

Gli esperti di PwC fanno inoltre notare come da 2020 siano stati erogati oltre 340 miliardi di euro di finanziamenti garantiti dallo Stato, i quali hanno terminato il periodo di pre-ammortamento. Dunque potrebbero mostrare in futuro una crescita del profilo di rischio.

È il momento di UTP e pre-deteriorati

“Dopo la pulizia dei bilanci bancari – aggiunge Masenza – dai crediti deteriorati degli scorsi anni, i nuovi flussi si sono spostati verso crediti UTP e pre-deteriorati. Questi crediti richiedono un approccio di gestione più vicino alle aziende. La priorità diventa riportare in bonis le posizioni in evidente difficoltà”.

Pertanto banche, investitori e servicer dovrebbero focalizzarsi sulle nuove priorità, suggeriscono gli esperti del network di revisori, sviluppando nuove competenze e avvalendosi di nuovi strumenti tecnologici.