Composizione negoziata: procedura utilizzata da più di duemila imprese

Il Corriere della Sera analizza il successo di un istituto nato nel 2021

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Oltre 2.000 imprese italiane hanno finora fatto ricorso alla composizione negoziata della crisi. Lo ha scritto il Corriere della Sera, che ha dedicato un lungo articolo a un fenomeno in continua crescita. «In tre anni sono state avviate 1.963 composizioni negoziate della crisi, secondo i dati di Unioncamere di novembre», ha spiegato al giornale Marco Arato, professore e partner di BonelliErede, leader del focus team Crisi aziendali e ristrutturazioni del debito. «Oggi avremo senz’altro superato quota duemila, dal momento che il ricorso all’istituto sta accelerando: nell’ultimo anno le procedure sono aumentate del 60 per cento».

Dopo Caffitaly, Conbipel e Coin, la lista si sta allungando proprio in questi giorni con nomi come Cln, Panariagroup e Kasanova. «La composizione negoziata serve a intervenire quando ci sono indizi di una crisi per evitare che diventi conclamata», ha rimarcato Arato. Consente di bloccare l’aggressione del patrimonio da parte dei creditori e il blocco delle attività, dando all’imprenditore il tempo di escogitare una soluzione per uscire dal tunnel: una ristrutturazione del debito, una sospensione temporanea dei pagamenti o la vendita dell’azienda a terzi. È stato il caso del marchio Trussardi, uno dei più noti sinora, che, in esito alla composizione negoziata, è passato sotto il gruppo Miroglio.

«Il debitore può richiedere l’accesso all’istituto e non ci sono limiti di fatturato o di organizzazione societaria: può essere una grande azienda, una micro-impresa, una quotata, un gruppo di grandi dimensioni».

Che cosa spinge tante aziende a ricorrere a questo istituto? «La composizione negoziata ha il vantaggio dei tempi, perché si apre e si chiude, al massimo, nel giro di un anno», ha detto Arato. «È poi una procedura informale, perché prevede la nomina di un esperto che funge, di fatto, da mediatore. Deve trovare fra debitore e creditore un accordo che può assumere qualunque forma: moratoria sui crediti, ristrutturazione del debito, cambio di azionista. L’istituto non richiede necessariamente l’intervento dell’autorità giudiziaria, salvo in casi specifici, per esempio quando il debitore chiede la protezione dalle iniziative dei creditori oppure quando intende vendere l’azienda a un terzo senza però trasferire i debiti».

Le caratteristiche dell’istituto risultano gradite non solo alle aziende, ma anche ai fondi specializzati nei finanziamenti alle imprese in difficoltà. La normativa concede una tutela forte a chi presta denaro a imprese in composizione negoziata della crisi: i suoi crediti godono della prededuzione; in caso di fallimento, sono cioè rimborsati con precedenza rispetto agli altri, prima anche di fisco e dipendenti. Hanno quindi maggiori possibilità di essere restituiti per intero. Questo «privilegio» può favorire l’intervento dei soci, che potrebbero, per esempio, finanziare la loro impresa per superare la fase negativa, oppure di aziende clienti che potrebbero accordare prestiti all’azienda pur di far ripartire le attività di un fornitore cruciale.

Ma il beneficio sta attirando anche diversi fondi di investimento, italiani e stranieri, che hanno fiutato nel moltiplicarsi delle procedure di composizione negoziata l’occasione di concedere prestiti a interessi elevati, anche superiori al 12%. «Tassi che incorporano, certo, il rischio di far credito a un’azienda in tensione finanziaria, ma che, talvolta», ha concluso il giornale, «sconfinano nella speculazione».