Colpisce la prolificità della giurisprudenza di merito nell’offrire spunti di riflessione su questioni processuali attinenti al recupero dei crediti oggetto di cartolarizzazione, segno di un’ampia metabolizzazione dello strumento anche da parte del sistema giudiziario del Paese. Mentre andavano graduandosi le varie posizioni giurisprudenziali in tema di prova della titolarità del credito azionato in capo al cessionario “in blocco” (tema che abbiamo avuto modo di affrontare di recente su BeBankers), nel corso del 2023, alcuni tribunali hanno adottato, nel volgere di breve tempo gli uni dagli altri, una serie di pronunce che delineano in modo sostanzialmente unitario un nuovo orientamento in tema di legittimazione ad agire dei gestori di crediti cartolarizzati.
In estrema sintesi, stando a tale orientamento, l’agenzia titolare della licenza ex art. 115 TULPS che agisca per il recupero giudiziale del credito per conto di una società di cartolarizzazione sarebbe priva di legittimazione processuale per contrarietà con il dettato della l. 30 aprile 1999, n. 130 che prevede che l’“attività di riscossione dei crediti ceduti” sia affidata ad una banca o intermediario finanziario regolarmente iscritti ai relativi albi (cfr. Trib. Viterbo del 27 maggio 2023, Trib. Monza del 13 novembre 2023, Trib. Termini Imerese del 10 novembre 2023, Trib. Livorno del 18 dicembre 2023, Trib. Civitavecchia del 27 dicembre 2023). La ratio di una tale impostazione verrebbe rinvenuta in “superiori interessi di correttezza, affidabilità e stabilità di chi opera sul mercato in diretto contatto con il pubblico” (cfr. Tribunale di Viterbo del 27 maggio 2023) che solo questi soggetti (banche e intermediari finanziari), in quanto vigilati, potrebbero soddisfare.
Per poter inquadrare la tematica, occorre procedere ad una breve ricognizione delle strutture di servicing che sono impiegate nella pratica nel contesto delle operazioni di cartolarizzazione. La forma basilare di servicing (predominante nelle operazioni su crediti in bonis) è la struttura mono-servicer in cui il soggetto vigilato (banca o intermediario che sia) – e che normalmente riveste anche il ruolo di originator – gestisce il portafoglio cartolarizzato per conto della società di cartolarizzazione, senza procedere a delega alcuna a favore di gestori terzi.
Una seconda tipologia di schema di servicing (c.d. a raggiera) prevede che la società di cartolarizzazione deleghi, da un lato, al soggetto vigilato le funzioni “istituzionali” previste dalla legge sulla cartolarizzazione (attività di cassa e pagamento, di riscossione dei crediti ceduti, di monitoraggio della conformità dell’operazione alla legge e al prospetto informativo) e, dall’altro lato, ad un soggetto diverso (normalmente un’agenzia di recupero stragiudiziale del credito) l’attività di recupero in senso stretto. C’è da osservare che una tale architettura, un tempo in auge nel contesto di operazioni di cartolarizzazione di sofferenze bancarie, è oramai praticamente caduta in desuetudine per profili di incompatibilità con il quadro regolamentare risultante dagli interventi della Banca d’Italia in questo settore.
Da ultimo, il terzo tipo di struttura di servicing (c.d. double-decker) contempla il conferimento di un incarico generale di servicing da parte della società di cartolarizzazione a favore del soggetto vigilato (che normalmente offre questi servizi di c.d. master servicing su base professionale) il quale, a sua volta, delega specifiche attività (in particolare, quella di recupero in senso stretto) ad un soggetto terzo (di solito un’agenzia titolare della licenza ex art. 115 TULPS) che assume il ruolo di c.d. special servicer e a cui, non di rado, la società di cartolarizzazione conferisce procura diretta1.
Tornando al tema principale qui trattato, le fattispecie analizzate dalla predetta giurisprudenza di merito parrebbero essere tutte riconducibili a strutture di servicing di tipo double-decker. Proprio la circostanza per cui, nei casi in questione, la procura esibita dall’agenzia di recupero stragiudiziale del credito fosse stata conferita direttamente dalla società di cartolarizzazione, senza fare menzione (per quanto è dato comprendere), del passaggio intermedio (vale a dire l’incarico al master servicer-soggetto vigilato) avrebbe condotto i giudici a concludere nel senso del difetto di rappresentanza per carenza in capo all’incaricato dei requisiti di legge (si vedano, in particolare, Trib. Viterbo del 27 maggio 2023; Trib. Monza del 13 novembre 2023).
Che la struttura di servicing “double-decker” sia legittima e che, quindi, nel contesto di tale impostazione, l’agenzia titolare della licenza ex art. 115 TULPS sia legittimata ad agire per il recupero del credito oggetto del sub-incarico conferitole dal master servicer, è fuor di dubbio. In tal senso, una diversa giurisprudenza di merito, sostanzialmente coeva al suddetto orientamento “restrittivo”, nel rigettare argomentazioni analoghe a quelle poste a fondamento di tale orientamento, ha lucidamente ripercorso il costrutto giuridico su cui si basano la quasi totalità delle strutture di servicing impiegate nel mercato dei crediti in sofferenza cartolarizzati (cfr. Tribunale di Perugia del 26 ottobre 2023, n. 1616). Stando a tale ricostruzione (che condividiamo), dal quadro normativo e regolamentare (cfr., in particolare, la circolare di Banca d’Italia n. 288 del 3 aprile 2015, Titolo III, Capitolo I, Sezione VII, paragrafo 5.1) si desumerebbe chiaramente che l’esternalizzazione dell’attività di recupero da parte dei “servicer” a società non vigilate, titolari della licenza ex art. 115 TULPS è attività consentita, non essendo di contro permessa la delega a soggetti terzi non vigilati dei doveri di verifica della conformità delle operazioni di cartolarizzazione alla legge e al prospetto informativo.
A voler trarre da questa ricognizione della giurisprudenza di merito sul tema qualche spunto utile per la prassi, gli operatori del mercato potrebbero valutare di intervenire sulle procure concesse agli special servicer secondo due possibili alternative. Seguendo una prima impostazione, in sede di conferimento dei poteri di rappresentanza, si potrebbe riflettere la struttura a due livelli che sussiste nell’ambito dei rapporti obbligatori (con la conseguenza che i poteri di rappresentanza sarebbero conferiti “a cascata”, tramite la procura della società di cartolarizzazione al master servicer e, quindi, la procura da quest’ultimo allo special servicer). Alternativamente, laddove si ritenga (come parrebbe peraltro ammissibile da un punto di vista civilistico) che il dominus possa conferire i poteri di rappresentanza direttamente al sub-incaricato, si potrebbe valutare di richiamare nella parte introduttiva della procura conferita dalla società di cartolarizzazione all’agenzia di recupero entrambi i contratti di servicing (master servicing e special servicing).
In chiusura, è utile a nostro modo di vedere dare atto di un interessante distinguo proposto dal Tribunale di Civitavecchia. In una sentenza che aderisce, nei suoi tratti principali, all’orientamento restrittivo sopra discusso, il giudice traccia una linea di demarcazione tra l’“attività di riscossione” che la l. 30 aprile 1999, n. 130 attribuisce al servicer-soggetto vigilato, e l’“attività di recupero” per conto terzi che non sarebbe in quella ricompresa e il cui esercizio sarebbe libero (ossia non riservato a banche e intermediari finanziari) solo se relativo ad azioni di recupero “forzoso” (ossia, “in executivis”). La tesi è suggestiva nel trarre dalla ratio del predetto orientamento (secondo cui il contatto con il pubblico richiede delle forme di tutela) sul presupposto – invero implicito – che, in un contesto “protetto” quale quello giudiziale, tali esigenze di tutela risultano già soddisfatte. Ma se così è, allora, portando il ragionamento alle sue estreme conseguenze, si dovrebbe concludere che anche l’attività di recupero “stragiudiziale” non dovrebbe essere ricompresa, per quel che qui interessa, tra le attività di riscossione (riservata a banche e intermediari finanziari) in quanto la normativa già prevede, in via generale, un presidio di “protezione” del pubblico costituito dal regime autorizzativo ex art. 115 TULPS, non capendosi diversamente perché questo dovrebbe essere o meno bastevole a seconda che il creditore sia o meno una società di cartolarizzazione.
In un’ottica evolutiva, appare peraltro remota la possibilità che una tale interpretazione possa effettivamente trovare generalizzato accoglimento. Guardando infatti alla direttiva “credit servicer” di prossimo recepimento nel nostro ordinamento, la definizione di “attività di gestione dei crediti” richiama, al punto a), l’attività di “riscuotere o recuperare dal debitore, conformemente al diritto nazionale, i pagamenti dovuti in relazione ai diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o al contratto di credito stesso”.
È probabile che un definitivo chiarimento in proposito così come relativamente all’inquadramento in generale del servicing nel contesto delle operazioni di cartolarizzazione ai fini di adeguamento con la disciplina europea di settore, verrà fornito dalla normativa domestica di attuazione. Non a caso, stando al testo del disegno di legge delega attualmente in discussione in Parlamento, il recepimento della direttiva richiederà interventi di coordinamento all’interno sia del testo unico bancario sia della legge sulla cartolarizzazione.
1Dato che la ricostruzione civilistica del contratto di servicing o di sub-servicing quale contratto di mandato o di appalto d’opera o, ancora, contratto misto dipende in larga misura dalle specificità dell’accordo preso in considerazione, per descrivere il rapporto obbligatorio sussistente tra la società di cartolarizzazione e il servicer, da un lato, e quello tra quest’ultimo e lo special servicer, dall’altro lato, si utilizzerà in questa sede in modo volutamente atecnico il termine più generico di “incarico” e “sub-incarico”, rispettivamente.